Ricorso ai sensi dell'art. 127, comma 2 della Costituzione della Regione Marche, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 282 dell'11 febbraio 2002, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Stefano Grassi ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, piazza Barberini n. 12, come da procura speciale per atto del notaio Sabatini di Ancona n. rep. 35838, del 18 febbraio 2002, Contro lo Stato, in persona del presidente del Consiglio dei ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 11, 17, comma 2, 27, comma 13, 29, 30, 33, 41, 52, comma 17, 70, 71, 60, com ma 1, lettera d), 64, 66, 67, nonche' 52, commi 10, 39 e 83, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002"), pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2001, per violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost., nei termini di seguito prospettati. F a t t o 1. - La legge n. 448 del 28 dicembre 2001, indicata in epigrafe, contiene una serie di disposizioni che la Regione Marche ritiene lesive della propria sfera di competenza ai sensi dell'art. 127, secondo comma, Cost. Si tratta, in particolare, delle seguenti disposizioni: l'art. 11 ("Modifiche al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, in materia di fondazioni"), che introduce modificazioni alla disciplina delle fondazioni c.d. "bancarie", prevedendone la diretta applicabilita' da parte delle medesime fondazioni entro novanta giorni dall'emanazione di un regolamento, ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, da parte dell'autorita' di vigilanza (attualmente il Ministero dell'economia e delle finanze); l'art. 17 ("Compatibilita' della spesa in materia di contrattazione collettiva nazionale ed integrativa"), limitatamente al comma 2, che prevede controlli statali "in merito alle implicazioni finanziarie complessive della contrattazione integrativa di comparto"; l'art. 27 ("Disposizioni finanziarie per gli enti locali"), limitatamente al comma 13, che esclude dall'assoggettabilita' all'esecuzione forzata alcune somme di competenza degli enti locali, disponibili "sulle contabilita' speciali di girofondi intestate al Ministero dell'interno"; l'art. 29 ("Misure di efficienza delle pubbliche amministrazioni"), il quale, in particolare: al comma 1, lettere a), b), c), prevede misure di efficienza delle pubbliche amministrazioni, non solo statali ma anche regionali e locali; al comma 2, autorizza per le pubbliche amministrazioni, non solo statali ma anche regionali e locali, "forme di autofinanziamento al fine di ridurre l'entita' degli stanziamenti e dei trasferimenti pubblici a carico del bilancio dello Stato"; al comma 3, dispone l'applicabilita' del regime tributario agevolato previsto dall'art. 90 della legge n. 388 del 2000 ai trasferimenti di beni effettuati ai soggetti di diritto privato ai quali sia affidato lo svolgimento di servizi precedentemente svolti dalle pubbliche amministrazioni; al comma 4, introduce alcune modifiche all'art. 53, comma 23, della legge n. 388 del 2000, in materia di organizzazione degli uffici degli enti locali; al comma V, attribuisce allo Stato un potere regolamentare per la disciplina attuativa dei commi precedenti; l'art. 30 ("Attivita' di supporto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali"), che stabilisce che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si avvale di "Italia Lavoro S.p.a." per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche attive del lavoro e dell'assistenza tecnica ai servizi per l'impiego, aggiungendo che il Ministero assegna direttamente a tale societa' funzioni, servizi e risorse in relazione ai suddetti compiti; l'art. 33 ("Servizi dei beni culturali"), che aggiunge all'art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 1998 (istitutivo del Ministero per i beni e le attivita' culturali) una nuova lettera b-bis), che consente al Ministero di "dare in concessione a soggetti diversi da quelli statali la gestione di servizi finalizzati al miglioramento della fruizione pubblica e alla valorizzazione del patrimonio artistico", secondo modalita', criteri e garanzie da definirsi con regolamento ministeriale, del quale vengono individuati puntualmente i principali contenuti; l'art. 41 ("Finanza degli enti territoriali"), che concerne gli strumenti di gestione del debito pubblico e dispone che, per contenere il costo dell'indebitamento e per monitorare l'andamento della finanza pubblica, il Ministero dell'economia e delle finanze coordina l'accesso al mercato dei capitali degli enti locali e delle regioni, con conseguente obbligo degli enti territoriali di comunicare al Ministero i dati relativi alla loro situazione finanziaria; l'art. 52 ("Interventi vari"), limitatamente al comma 17, in base al quale, a decorrere dal 1 gennaio 2002, le disposizioni di cui alla legge n. 426 del 1971, in materia di commercio, non si applicano alle sagre, fiere e manifestazioni a carattere religioso, benefico e politico; l'art. 70 ("Disposizioni in materia di asili nido"), per le parti in cui: prevede l'istituzione di un fondo per gli asili nido nell'ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, disciplinandone le modalita' di ripartizione e la dotazione finanziaria; stabilisce la deducibilita' dall'imposta sul reddito dei genitori e dei datori di lavoro delle spese di partecipazione alla gestione dei micro-nidi e dei nidi nei luoghi di lavoro; l'art. 71 ("Disposizioni in materia di trasferimento di beni demaniali"), che prevede che "le disposizioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 177, concernente il trasferimento di beni demaniali al patrimonio disponibile dei comuni e la successiva cessione ai privati, si applicano anche alle aree demaniali ricadenti nel territorio nazionale non destinate all'esercizio della funzione pubblica e su cui siano state eseguite opere di urbanizzazione e di costruzione in epoca anteriore al 31 dicembre 1990"; l'art. 60 ("Modifiche all'art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388"), limitatamente al comma 1, lettera d), che aggiunge il comma 7-bis contenente la previsione di un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, da emanarsi d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province di Trento e di Bolzano, per la definizione delle tipologie di investimento per le imprese agricole e per quelle della prima trasformazione e commercializzazione ammesse agli aiuti; l'art. 64 ("Modifiche all'art. 2 del d.lgs. 10 agosto 2000, n. 260"), che prevede una nuova disciplina delle sanzioni amministrative per i vigneti abusivamente impiantati; l'art. 66 ("Interventi per la protezione dall'influenza catarrale dei ruminanti"), che prevede finanziamenti alle aziende zootecniche e alle cooperative di allevamento di bovini per fronteggiare l'emergenza dell'influenza catarrale dei ruminanti; l'art. 67 ("Programmazione negoziata in agricoltura"), che prevede il finanziamento di patti territoriali e di contratti di programma in materia di agricoltura; l'art. 52 ("Interventi vari"), limitatamente ai commi 10, 39 e 83, che prevedono poteri in capo al Ministro delle politiche agricole e forestali e al Ministro dell'economia e delle finanze, in materia di quote latte, sostegno agli allevamenti ippici per lo sviluppo dell'ippoterapia e copertura assicurativa dei rischi in agricoltura; 2. - La Regione Marche (con deliberazione della giunta n. 282 dell'11 febbraio 2002) ha deliberato di impugnare davanti a questa Corte le norme sopra richiamate della legge statale n. 448 del 2001, perche' illegittime e lesive dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta e garantita alla stessa regione ricorrente, per le seguenti ragioni di D i r i t t o 1. - Illegittimita' dell'art. 11, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente per la violazione dell'art. 117, commi terzo e quarto, Cost. L'art. 11 della legge n. 448 del 2001 e' costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., per la parte in cui disciplina, con norme non di principio, direttamente applicabili da parte dei destinatari, e comunque non derogabili dal legislatore regionale, una materia compresa tra quelle affidate alla legislazione concorrente dello Stato e delle Regioni, nonche' dell'art. 117, sesto comma, nella parte in cui, ai commi primo e quattordicesimo, prevede l'attribuzione di poteri regolamentari agli organi dello Stato in una materia per la quale la potesta' regolamentare e' riservata, in via esclusiva, alle regioni. 1.1 - Oggetto della disciplina di cui alla disposizione impugnata sono le fondazioni bancarie. In particolare, la disposizione incide sulla attivita' delle fondazioni bancarie, indirizzandola verso ambiti precostituiti (i c.d. "settori ammessi" e "settori rilevanti" di cui ai commi primo, secondo, terzo), sulla composizione dell'organo di indirizzo della fondazione e sui requisiti e le incompatibilita' dei soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione o controllo (commi quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo), sulle modalita' di gestione del patrimonio dell'ente (commi nono e undicesimo), sulla definizione normativa di controllo di una societa' bancaria da parte di una fondazione (comma decimo), sulla disciplina del periodo transitorio, nel corso del quale le fondazioni sono obbligate a dismettere le loro partecipazioni di controllo nelle societa' bancarie conferitarie, nonche' sui poteri di vigilanza affidati al Ministro dell'economia e delle finanze e alla Banca d'Italia (commi settimo, ottavo). Tale disciplina, almeno con riferimento alla fase di transizione che tutt'ora caratterizza la progressiva trasformazione delle fondazioni che esercitavano attivita' di credito in persone giuridiche di diritto privato svincolate dalle aziende del settore creditizio e bancario, deve essere ritenuta compresa nella materia delle "casse di risparmio", che il nuovo art. 117, comma terzo, Cost., attribuisce alla legislazione concorrente dello Stato e delle regioni. Come questa Corte ha avuto modo di affermare, anche recentemente, "le fondazioni conferenti enti creditizi di interesse regionale continuano attualmente a rientrare nelle previsioni relative agli enti creditizi"; infatti "nel periodo transitorio delle operazioni di ristrutturazione bancaria, fino a quando il Ministero del tesoro esercitera' i poteri di vigilanza sulle fondazioni (enti che hanno effettuato il conferimento di azienda bancaria ai sensi del d.lgs. 20 novembre 1990, n. 356), deve ritenersi che sia rimasta la qualificazione di ente creditizio, in mancanza della quale non vi sarebbe alcuna giustificazione dell'attribuzione di poteri al Ministero del tesoro. [...]. In realta' - prosegue questa Corte - la perdita di tale qualificazione e' destinata a verificarsi al compimento della trasformazione sia con la dismissione della partecipazione rilevante nella societa' bancaria conferitaria e delle altre partecipazioni non piu' consentite, sia con l'adeguamento degli statuti e la loro relativa approvazione. Le fondazioni anzidette, prima di tale momento, non assumono la natura di persone giuridiche private senza fini di lucro" (sentt. nn. 341 e 342 del 2001, che confermano la sent. n. 163 del 1995). Nel caso di specie, risultando evidentemente non ancora compiuta la fase transitoria avviata con il d.lgs. n. 356 del 1990, la disciplina delle fondazioni bancarie non puo' essere ritenuta rientrante nella materia "ordinamento civile" di cui alla lettera l) del secondo comma dell'art. 117 Cost., ma, al contrario, nella materia "casse di risparmio" di cui al comma successivo. In questa materia la Costituzione stabilisce che la potesta' legislativa spetti alle Regioni, "salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato". La disposizione impugnata, in palese violazione di tale precetto, non contiene norme di principio volte a definire il quadro normativo della materia che il legislatore regionale dovrebbe rispettare nell'esercizio della sua autonomia legislativa costituzionalmente garantita. Al contrario, stabilisce norme puntuali rivolte direttamente ai soggetti destinatari della disciplina, senza lasciare alcuno spazio alla necessaria interposizione del legislatore regionale. Oltretutto, il vizio denunciato e' evidente anche nell'ipotesi in cui si volesse ammettere che al legislatore statale l'attuale disegno costituzionale riconosca il potere di dettare discipline legislative contenenti norme direttamente applicabili, a carattere "suppletivo" o, "cedevole" rispetto ai successivi interventi del legislatore regionale. Infatti, il tenore letterale delle norme contenute nell'art. 11 della legge n. 448 del 2001 non consente di ritenere in alcun modo il legislatore regionale abilitato ad apportare le eventuali modifiche o deroghe che ritenesse opportune, sia pure nel quadro dei principi fondamentali dettati dal legislatore statale. 1.2 - La disposizione impugnata viola, altresi', l'art. 117, sesto comma, Cost., laddove, ai commi primo e quattordicesimo, riconosce al Ministro competente un potere regolamentare che, in una materia di legislazione concorrente, spetta esclusivamente alle regioni. Tale vizio e' direttamente connesso alla violazione di cui al punto precedente, dal momento che i poteri regolamentari che la disposizione prevede sono volti da un lato a modificare parte della disciplina legislativa contestualmente introdotta (comma I), dall'altro a dettare le disposizioni attuative necessarie alla sua applicazione, con cio' confermando che il legislatore statale non ha inteso lasciare alcuno spazio all'esercizio della potesta' normativa che pure la Costituzione riconosce alle regioni in questa materia. 2 - Illegittimita' dell'art. 17, comma secondo, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente per la violazione dell'art. 117, sesto comma e 119, primo comma, Cost. L'art. 17, comma secondo, e' costituzionalmente illegittimo per palese violazione degli artt. 117, quarto comma, e 119, primo comma, Cost., per la parte in cui prevede la possibile verifica da parte del Governo e dei Comitati di settore in merito alle implicazioni finanziarie della contrattazione integrativa di comparto e la definizione di metodologie e criteri di riscontro (anche a campione) sui contratti collettivi delle singole amministrazioni, anche regionali e locali. 2.1 - Infatti, si deve ritenere che la materia della contrattazione collettiva riferita al rapporto di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, a seguito della riforma del sistema costituzionale delle competenze legislative e amministrative delle regioni operata con la legge costituzionale n. 3 del 2001, risulta estranea alla competenza esclusiva dello Stato di cui al secondo comma dell'art. 117 Cost., per lo meno quando, riferendosi anche ad amministrazioni diverse da quelle indicate alla lettera g) del medesimo comma, vada al di la' delle linee ordinamentali e della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Oltretutto, quando la disciplina dell'impiego presso le pubbliche amministrazioni, come nel caso di specie, va ad incrociare la materia dell'ordinamento e dell'organizzazione amministrativa regionale e degli enti locali (e non presenta profili di "tutela e sicurezza del lavoro"), non e' possibile avanzare dubbi sul fatto che spetti solo al legislatore regionale regolare la materia con la massima liberta', o direttamente o ripartendola tra le varie possibili fonti di regolamentazione interne, ivi compresa la contrattazione collettiva integrativa di comparto. Di talche', la disposizione impugnata, per la parte in cui prevede limiti e controlli alla contrattazione integrativa di comparto, preclude al legislatore regionale la possibilita' di regolare liberamente il rapporto di impiego con le amministrazioni regionali e locali ed e', pertanto, lesiva della competenza legislativa piena o residuale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. 2.2 - La disposizione impugnata, inoltre, viola l'autonomia di spesa costituzionalmente riconosciuta e garantita alle regioni dal primo comma del nuovo art. 119 della Costituzione. Infatti, la previsione di controlli da parte dello Stato sulle implicazioni finanziarie della contrattazione integrativa delle singole amministrazioni determina, nel caso delle amministrazioni regionali, una lesione della sfera di competenza finanziaria della Regione, la quale, in un regime di piena autonomia, non puo' che essere l'unico soggetto abilitato a prevedere procedure e criteri di controllo della propria spesa pubblica. E cio' a maggior ragione fino a quando lo Stato non avra' dettato "i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario" previsti dal secondo comma dell'art. 119 della Costituzione. La ratio del disegno costituzionale ricavabile da tale disposizione rende, infatti, inammissibile ritenere che allo Stato, pure in difetto di una disciplina di coordinamento della finanza cui il legislatore regionale possa ispirarsi nell'esercizio dell'autonomia finanziaria che gli e' garantita, sia consentito dettare norme che limitino direttamente tale autonomia introducendo specifiche forme di controllo a livello centrale. 3 - Illegittimita' dell'art. 27, comma 13, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente per la violazione dell'art. 117, commi terzo e quarto Cost. L'art. 27, comma 13, e' costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost., o, in subordine, per violazione dell'art. 17, terzo comma, Cost., dal momento che disciplina una materia che non rientra tra quelle affidate alla legislazione esclusiva dello Stato, ma che, invece, e' da considerare tra quelle di legislazione residuale delle regioni, o tutt'al piu', tra quelle di potesta' legislativa concorrente, senza limitarsi - in questa seconda ipotesi - alla definizione di principi fondamentali o di norme direttamente applicabili a carattere "cedevole" rispetto alla legislazione regionale. 3.1 - Oggetto della disposizione impugnata e' la disciplina del regime giuridico relativo alla esecutabilita' e alla sottoponibilita' a sequestro e pignoramento dei fondi recanti addizionali I.R.P.E.F. comunali e provinciali, disponibili sulle contabilita' speciali del Ministero dell'interno. Si tratta di una disciplina che non puo' certamente essere ricondotta alla competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), in materia di "norme processuali", in quanto costituita da norme di diritto sostanziale che non vanno ad intaccare in alcun modo la vigente disciplina degli istituti processuali relativi all'esecuzione forzata. La disposizione impugnata, infatti, si limita a stabilire un limite alla assoggettabilita' ad esecuzione delle somme ivi individuate, con il solo effetto di renderle pienamente disponibili da parte degli enti locali cui sono destinate, in ossequio alla norma contenuta nell'art. 119, secondo comma, ult. alinea, Cost. Parimenti la disposizione in esame non puo' essere considerata frutto della competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), in materia di "sistema tributario e contabile dello Stato". Infatti, anche se la norma si riferisce a contabilita' speciali del Ministero dell'interno, si tratta di semplici "girofondi", ossia di contenitori passivi di somme disponibili solo ed unicamente per comuni e province, del tutto sottratti ad ogni intervento statale che risulti diverso dalla mera messa a disposizione. Pertanto, la materia oggetto della disciplina impugnata e' sottratta alla competenza legislativa dello Stato, dovendo piuttosto essere considerata, in quanto relativa al "sistema contabile degli enti territoriali", affidata alla legislazione piena o residuale delle Regioni. Di qui l'evidente violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. 3.2 - La lesione della sfera di competenza costituzionalemte garantita alla Regione e' manifesta, altresi', nell'ipotesi in cui si ritenga che la disposizione impugnata possa essere ricondotta alla materia "armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario", contemplata dall'art. 117, terzo comma, Cost., tra quelle di competenza legislativa concorrente dello Stato e delle regioni. Infatti, considerato il suo contenuto puntuale e immediatamente operativo, la norma in esame non e' qualificabile ne' come "principio fondamentale", come tale riservato alla legislazione dello Stato, ne' come disciplina di dettaglio a carattere "suppletivo", come tale derogabile dal legislatore regionale al quale spetta la potesta' legislativa nella materia. 4 - Illegittimita' dell'art. 29, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente per la violazione degli artt. 117, commi quarto e sesto, nonche' 119 Cost. L'art. 29 della legge n. 448 del 2001 e' in palese contrasto con gli art. 117, commi IV e VI, nonche' 119 Cost., per le parti in cui: prevede misure di efficienza delle pubbliche amministrazioni regionali [comma I, lettera a), b), c)]; autorizza per le pubbliche amministrazioni, non solo statali ma anche regionali e locali, "forme di autofinanziamento al fine di ridurre l'entita' degli stanziamenti e dei trasferimenti pubblici a carico del bilancio dello Stato" (comma 2); dispone l'applicabilita' del regime tributario agevolato previsto dall'art. 90 della legge n. 288 del 2000 ai trasferimenti di beni effettuati ai soggetti di diritto privato ai quali sia affidato lo svolgimento di servizi precedentemente svolti dalle pubbliche amministrazioni (comma 3); introduce alcune modifiche all'art. 53, comma 18, della legge n. 388 del 2000, in materia di organizzazione degli uffici degli enti locali (comma 4); attribuisce allo Stato un potere regolamentare per la disciplina attuativa dei commi precedenti (comma 5). 4.1 - Le disposizioni contenute nelle lettere a), b), c) del comma 1 dell'art. 29 dettano una serie di misure di efficienza delle pubbliche amministrazioni, definendole espressamente applicabili anche ad amministrazioni diverse da quelle dello Stato e degli enti pubblici nazionali. Tale circostanza determina una evidente violazione dell'autonomia legislativa riconosciuta alle regioni dall'art. 117, quarto comma, della Costituzione. Infatti, e' innegabile che al legislatore statale e' riservata la sola disciplina di cui all'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., relativa alla materia "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali"; di talche' la corrispondente, materia "ordinamento e organizzazione amministrativa delle Regioni, degli enti locali e degli enti pubblici sub-statali", non essendo contemplata in nessuno degli elenchi contenuti nello stesso art. 117, spetta inequivocabilmente alla competenza residuale del legislatore regionale, fatti salvi ovviamente i profili relati che possano essere ricondotti alla lettera p) del secondo comma, cioe' "organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane". Poiche', senza ombra di dubbio, i profili di efficienza delle amministrazioni, disciplinati con la norma impugnata, attengono anche alla organizzazione della funzione amministrativa regionale e locale, e' da ritenere che la loro disciplina sia riservata alla competenza del legislatore regionale; competenza che, nel caso di specie, risulta inequivocabilmente lesa. 4.2 - Il comma 2 dell'art. 29 prevede forme di autofinanziamento cui le Regioni dovrebbero ricorrere al fine di "ridurre progressivamente l'entita' degli stanziamenti e dei trasferimenti pubblici a carico del bilancio delloStato". La norma e' in evidente contrasto con l'art. 117, quarto comma, Cost., per le stesse ragioni indicate nel punto precedente, dal momento che la stessa si riferisce anche alle amministrazioni regionali e locali, la cui disciplina e' in radice preclusa al legislatore statale. La norma in esame viola, altresi', l'art. 119 Cost., nella parte in cui, disconoscendo il carattere autonomo e non piu' prevalentemente derivato della finanza regionale, pone limiti al legislatore regionale nella definizione delle politiche di bilancio della Regione. Infatti, la scelta sull'eventuale ricorso a forme di autofinaziamento spetta esclusivamente alla Regione, e oltretutto nel perseguimento di finalita' autonomamente definite nell'esercizio della propria funzione di indirizzo politico. Di talche' la disposizione impugnata determina una lesione dell'autonomia finanziaria delle Regioni, riconosciuta e garantita dall'art. 119 Cost. 4.3 - Il comma 3 viola gli artt. 117, secondo comma, lettera e) e quarto, nonche' 119, primo e secondo comma, nella parte in cui non esclude che l'applicabilita' del regime tributario agevolato previsto dall'art. 90 della legge n. 388 del 2000 si possa riferire a tributi diversi da quelli statali. Infatti, l'applicazione di questo regime agevolato, disposta dal legislatore statale successivamente all'entrata in vigore della legge della Costituzione n. 3 del 2001, anche ai tributi regionali e locali, determina inevitabilmente una lesione della sfera di competenza regionale, sia sotto il profilo dell'autonomia legislativa in materia di sistema tributario sia sotto quello dell'autonomia finanziaria di entrata, in quanto non riconducibile neppure alla competenza statale in materia di "principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario" di cui all'art. 119, secondo comma, Cost. 4.4 - Il comma 4 si pone in diretto ed insanabile contrasto con l'art. 117, quarto comma, Cost., dal momento che introduce modificazioni ad una disposizione - il comma 23 dell'art. 53 della legge n. 388 del 2000 - che regola una materia, "l'ordinamento e organizzazione amministrativa degli enti locali", che, per i motivi esposti sub 4.1, rientra senz'altro tra quelle affidate alla legislazione esclusiva della Regione. Di talche', se deve ammettersi che la disposizione modificata, nel testo originario, mantiene la propria efficacia nell'ordinamento fino al momento in cui il legislatore regionale esercitera' la propria competenza legislativa, e' da escludersi che, nel nuovo sistema di competenze costituzionali, al legislatore statale sia tuttora consentito di intervenire nella predetta materia, sia pure attraverso parziali modificazioni della disciplina previgente. 4.5 - Il comma 5 dell'art. 29 attribuisce allo Stato un potere regolamentare per la definizione della "tipologia di servizi trasferibili, modalita' di affidamento, criteri di esecuzione del servizio [...]" che, in quanto possa essere esercitato anche con riferimento ad amministrazioni diverse da quelle statali - dunque in materia certamente appartenente alla competenza legislativa delle regioni - si pone in radicale contrasto con l'art. 117, sesto comma, Cost. 5. - Illegittimita' dell'art. 30, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente per la violazione degli artt. 117, terzo e quarto comma, nonche' 118 Cost. L'art. 30 e' costituzionalmente illegittimo perche', in violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost., disciplina un ambito materiale attribuito alla legislazione residuale delle regioni. 5.1 - Occorre, infatti, distinguere tra la disciplina protettiva dei lavoratori, che attiene alle condizioni di lavoro ed alla sicurezza sul posto di lavoro, e la disciplina di natura promozionale, volta a favorire una crescita del mercato del lavoro ed in particolare l'incontro tra domanda ed offerta. E' proprio nell'ambito di questo secondo nucleo normativo che deve intendersi collocata la disposizione impugnata, dal momento che essa interviene sulla disciplina vigente in ordine alla "promozione e gestione di azioni nel campo delle politiche attive del lavoro e dell'assistenza tecnica ai servizi per l'impiego". 5.2 - Anche qualora si riconoscesse che la disposizione in esame possa, in qualche modo, essere ricondotta ad un ambito materiale riferibile alla "tutela e sicurezza del lavoro" contemplata dall'art. 117, terzo comma, Cost., la norma impugnata e' senz'altro lesiva della sfera di competenza riconosciuta alla regione. In una materia attribuita alla competenza concorrente del legislatore statale e regionale, ai sensi dello stesso art. 117, terzo comma, lo Stato puo' infatti intervenire solo per "la determinazione dei principi fondamentali". E, quand'anche si ritenesse ammissibile l'introduzione di una disciplina statale contenente norme di dettaglio o direttamente operative, queste dovrebbero certamente risultare derogabili dal legislatore regionale competente nella materia. Nel caso di specie cio' non si verifica, poiche' l'art. 30 della legge n. 448 del 2001, lungi dall'introdurre una normazione a carattere sostanziale in materia di lavoro che risulti "cedevole" rispetto alle successive scelte del legislatore regionale, provvede a stabilire una particolare modalita' di organizzazione e di esercizio di funzioni amministrative attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che, come tale, si sottrae alla competenza legislativa che l'art. 117, terzo comma, Cost., riconosce alla regione. 5.3 - Peraltro, il contrasto della disposizione impugnata con il nuovo sistema di competenze introdotto dalla riforma costituzionale di cui alla legge della Costituzione n. 3 del 2001 e' evidente anche nell'ipotesi in cui si ammetta che lo Stato possa ritenersi abilitato a riservarsi funzioni amministrative che richiedano l'esercizio unitario a livello centrale, contestualmente dettandone la relativa disciplina, anche in materie che l'art. 117 della Costituzione attribuirebbe formalmente alla potesta' normativa regionale. Tale ipotesi potrebbe trovare fondamento nel sistema complessivo delineato dagli artt. 118, primo comma e 117, undicesimo comma, lettera g), nonche' dal principio generale ricavabile dall'art. 117, sesto comma, ult. alinea, secondo cui ad ogni ente territoriale che risulti titolare di funzioni amministrative non puo' non essere riconosciuta una potesta' regolamentare rivolta specificamente a disciplinare l'organizzazione e lo svolgimento di tali funzioni. Nel caso di specie, non si puo' negare che lo Stato, con la norma in esame, disciplini una particolare modalita' di esercizio di funzioni amministrative che ad esso gia' spettavano in base alla legislazione vigente anteriormente all'entrata in vigore dei nuovi artt. 117 e 118 della Costituzione E non si nega, d'altronde, che alla Regione sia impedita in questa sede la contestazione della legittimita' costituzionale della disciplina legislativa previgente. Tuttavia, a meno di non ammettere che il nuovo sistema costituzionale delle competenze risulti ad oggi del tutto irrilevante e che dunque lo Stato possa liberamente disciplinare le funzioni amministrative che gli erano riconosciute prima della riforma costituzionale, senza attenersi ai nuovi principi imposti dagli artt. 117 e 118 Cost., occorre ritenere che, dopo l'entrata in vigore della legge della Costituzione n. 3 del 2001, lo Stato puo' legittimamente dettare norme per l'organizzazione e lo svolgimento di una finzione amministrativa solo, nell'ambito di un intervento che contempli la complessiva riallocazione delle funzioni amministrative relative ad un determinato ambito materiale, distinguendo rigorosamente le funzioni da riservare al livello centrale in attuazione e nel rispetto dei parametri di cui all'art. 118, primo comma, e solo per tali funzioni provvedendo a dettare la relativa disciplina. Pertanto, in assenza di una simile operazione complessiva - che peraltro e' da ritenere costituzionalmente imposta in forza dell'VIII disposizione finale, secondo comma, della Costituzione - si deve escludere che lo Stato possa legittimamente procedere ad interventi di semplice integrazione parziale della disciplina previgente, la cui conformita' a Costituzione deve essere oggi valutata alla luce delle nuove disposizioni degli artt. 117 e 118 Cost. 6. - Illegittimita dell'art. 33, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente, per la violazione degli artt. 117, commi terzo e sesto. nonche' 118 Cost. L'art. 33 e' costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 117, commi terzo e sesto, Cost., per la parte in cui disciplina con norme di dettaglio e immediatamente operative, e comunque non derogabili da parte del legislatore regionale (in quanto attributive di una competenza al Ministero per i beni e le attivita' culturali), una materia - la valorizzazione dei beni culturali - che rientra tra quelle elencate nell'art. 117, terzo comma, della Costituzione e affidate alla legislazione concorrente dello Stato (per i soli principi fondamentali) e delle Regioni, nonche' per la parte in cui attribuisce al Ministro un potere regolamentare chiaramente escluso dall'art. 117, sesto comma, in base al quale, nelle, materie di legislazione concorrente e di legislazione residuale regionale, la potesta' regolamentare spetta in via esclusiva alle regioni. 6.1 - Nessun dubbio puo' sussistere sul fatto che l'art. 33 della legge n. 448 del 2001 abbia ad oggetto la valorizzazione dei beni culturali. E' pur vero che essa si riferisce propriamente ad attivita' di "gestione" ma e' anche vero che la "gestione", secondo la definizione normativa che ne fornisce l'art. 148, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 112 del 1998, consiste in: "Ogni attivita' diretta, mediante l'organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali [e ambientali], concorrendo al perseguimento delle finalita' di tutela e di valorizzazione". Dunque, la "gestione" dei beni culturali partecipa contestualmente di entrambi i profili della "tutela" e della "valorizzazione", risultando in concreto riferibile all'una o all'altra secondo la specifica finalita' che, di volta in volta, si trovi a perseguire. Non e' dubitabile che, nel caso di specie, la "gestione" di cui trattasi e' riferita esclusivamente alle finalita' relative alla "valorizzazione", non solo per l'inequivoco tenore letterale della norma ma anche per il riferimento esplicito alle definizioni contenute nell'art. 152, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998 che, per l'appunto, si rivolge alla sola "valorizzazione" dei beni culturali. Da questo punto di vista, nessuna rilevanza possono assumere gli equivoci richiami contenuti nella disposizione impugnata, laddove il legislatore si occupa di definire l'oggetto del regolamento ministeriale, indicando esplicitamente anche profili concernenti la tutela. Pertanto l'art. 33 della legge n. 448 del 2001 determina una palese lesione della sfera di competenza regionale, cosi' come definita dall'art. 117, terzo e sesto comma, Cost. 6.2 - Analogamente a quanto si e' gia' evidenziato al punto 5.3., il contrasto della disposizione impugnata con il nuovo sistema di competenze introdotto dalla riforma costituzionale di cui alla legge costituzionale n. 3 del 2001 e' evidente anche nell'ipotesi in cui si ammetta che lo Stato possa ritenersi abilitato a riservarsi funzioni amministrative che richiedano l'esercizio unitario a livello centrale, contestualmente dettandone la relativa disciplina, anche in materie che l'art. 117 della Costituzione attribuirebbe formalmente alla potesta' normativa regionale. Tale ipotesi potrebbe trovare fondamento nel sistema complessivo delineato dagli artt. 118, primo comma e 117, secondo comma, lett. g), nonche' dal principio generale ricavabile dall'art. 117, sesto comma, ult. alinea, secondo cui ad ogni ente territoriale che risulti titolare di funzioni amministrative non puo' non essere riconosciuta una potesta' regolamentare rivolta specificamente a disciplinare l'organizzazione e lo svolgimento di tali funzioni. Nel caso di specie, non si puo' negare che lo Stato, con la norma in esame, disciplini una particolare modalita' di esercizio di funzioni amministrative che ad esso gia' spettavano in base alla legislazione vigente anteriormente all'entrata in vigore dei nuovi artt. 117 e 118 della Costituzione. E non si nega, d'altronde, che alla regione sia impedita in questa sede la contestazione della legittimita' costituzionale della disciplina legislativa previgente. Tuttavia, a meno di non ammettere che il nuovo sistema costituzionale delle competenze risulti ad oggi del tutto irrilevante e che dunque lo Stato possa liberamente disciplinare le funzioni amministrative che gli erano riconosciute prima della riforma costituzionale, senza attenersi ai nuovi principi imposti dagli artt. 117 e 118 Cost., occorre ritenere che, dopo l'entrata in vigore della legge della Costituzione n. 3 del 2001, lo Stato puo' legittimamente dettare norme per l'organizazione e lo svolgimento di una funzione amministrativa solo nell'ambito di un intervento che contempli la complessiva riallocazione delle funzioni amministrative relative ad un determinato ambito materiale, distinguendo rigorosamente le funzioni da riservare al livello centrale in attuazione e nel rispetto dei parametri di cui all'art. 118, comma 1, e solo per tali funzioni provvedendo a dettare la relativa disciplina. Pertanto, come gia' sottolineato al punto 5.3, in assenza di una simile operazione complessiva, e' da escludere che lo Stato possa legittimamente procedere ad interventi di semplice integrazione parziale della disciplina previgente, la cui conformita' a Costituzione deve essere oggi valutata alla luce delle nuove disposizioni degli artt. 117 e 118 Cost. 7. - Illegittimita' dell'art. 41, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale, particolarmente per la violazione degli artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, nonche' 119, primo comma, Cost. 7.1 - La disposizione impugnata, nella parte in cui prevede un coordinamento del Ministero dell'economia e delle finanze nella regolazione dell'accesso al mercato dei capitali da parte degli enti territoriali, incide direttamente su una materia, la finanza statale e regionale, che e' sottratta alla competenza legislativa dello Stato, non essendo ricompresa negli elenchi di cui al secondo ed al terzo comma dell'art. 117 della Costituzione. Pertanto, essa e' lesiva della sfera di competenza legislativa residuale riconosciuta e garantita alle regioni dal quarto comma dell'art. 117 Cost. Qualora, invece, si volesse ritenere che l'oggetto della disciplina impugnata possa essere ricondotto alla materia "armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario", affidata alla legislazione concorrente dal secondo comma dell'art. 117, la disposizione risulterebbe comunque lesiva della competenza legislativa regionale, in quanto va ben al di la' della semplice enucleazione di "principi fondamentali", cui il legislatore regionale deve uniformarsi, giacche' contiene norme direttamente operative e dalla stringente portata prescrittiva. 7.2 - L'art. 41 si pone, inoltre, in palese contrasto con l'art. 117, sesto comma, Cost., nella parte in cui affida ad un regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di definire "il contenuto e le modalita' del coordinamento nonche' dell'invio dei dati" oltre alla definizione delle norme "relative all'ammortamento del debito e all'utilizzo degli strumenti derivati". Infatti, anche in relazione all'oggetto di tale regolamento si deve osservare che esso si riferisce a materie sottratte alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, con la inevitabile conseguenza che l'attribuzione ad esso del relativo potere regolarnentare costituisce lesione della sfera di competenza riconosciuta alla Regione dal l'art. 117, sesto comma, Cost. 8. - Illegittimita' dell'art. 52, comma 17, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente per la violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. La disposizione impugnata lede la sfera delle competenze costituzionalmente riconosciute alla Regione in quanto limita l'ambito materiale di applicabilita' di una normativa vigente relativa ad una materia, quella del commercio, che, alla luce del nuovo testo dell'art. 117 Cost., e' attribuita alla competenza legislativa residuale delle Regioni, almeno per tutti i profili non relativi alla tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lett. e) Cost.). Pertanto, nella materia in questione, la normativa statale previgente resta valida ed applicabile fino a quando le regioni non detteranno una propria disciplina nell'esercizio della nuova potesta' di cui all'art. 117, quarto comma della Costituzione. Tale materia, pero', essendo transitata nella competenza residuale delle regioni non puo' piu' essere oggetto di interventi normativi da parte dello Stato, che risulterebbero del tutto privi di un fondamento costituzionale, non rientrando la materia in esame in nessuno dei due elenchi contenuti nei commi secondo e terzo dell'art. 117 Cost. 9. - Illegittimita' dell'art. 70, commi 1, 2, 3, 4, 6, 8, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente per la violazione degli artt. 117, 118 e 119, Cost. 9.1 - Il combinato disposto dei commi 1, 3, 4 e 8, in base al quale e' prevista l'istituzione di un fondo per gli asili nido nell'ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la relativa disciplina delle modalita' di ripartizione e la determinazione della dotazione finanziaria, e' in contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 Cost. La violazione dell'art. 117 della Costituzione e' evidente per il fatto che la disciplina degli asili nido non puo' essere ricondotta a nessuna delle materie elencate tanto nel comma 2, quanto nel comma 3. Di talche', tale oggetto non puo' che rientrare nella potesta' legislativa residuale regionale di cui al comma 4, attinendo, con ogni probabilita', alla materia dell'assistenza. La violazione dell'art. 118 della Costituzione e' determinata dal fatto che l'attribuzione a livello centrale delle funzioni amministrative di cui alla disposizione impugnata non trova alcuna giustificazione ne' nelle esigenze di "esercizio unitario", ne' tantomeno nei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezzza che dovrebbero costituire il fondamento costituzionale di ogni allocazione di funzioni amministrative. La violazione dell'art. 119 della Costituzione risulta dalla circostanza che questa disposizione costituzionale non ammette fondi statali o risorse aggiuntive a destinazione vincolata, ad eccezione di quanto previsto dal comma 5 in relazione agli speciali interventi a favore di "determinati" comuni, province, citta' metropolitane e regioni. La norma impugnata, nel prevedere l'istituzione di un fondo statale a destinazione vincolata a favore della costruzione e gestione degli asili nido, nonche' dei micronidi nei luoghi di lavoro, viola pertanto l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa riconosciuta alla regione. 9.2 - Il comma 2 (che afferma genericamente che gli asili nido, per la loro funzione essenziale, "rientrano tra le competenze fondamentali dello Stato, delle regioni e degli enti locali"), se ed in quanto si ritenga produttivo di un qualche effetto giuridico, viola senz'altro il sistema delle competenze normative e amministrative di cui all'art. 117 e 118 Cost, per le ragioni esposte al punto precedente. 9.3 - Il comma 6 viola gli artt. 117, secondo comma, lett. e) e quarto, nonche' 119, primo e secondo comma, nella parte in cui non esclude che la deducibilita' delle spese di partecipazione alla gestione dei micro-nidi e dei nidi nei luoghi di lavoro si possa riferire a tributi diversi da quelli statali. Infatti, l'applicazione di questa agevolazione fiscale, disposta dal legislatore statale successivamente all'entrata in vigore della legge della Costituzione n. 3 del 2001, anche ai tributi regionali e locali, determina inevitabilmente una lesione della sfera di competenza regionale, sia sotto il profilo dell'autonomia legislativa in materia di sistema tributario sia sotto quello dell'autonomia finanziaria di entrata, in quanto non riconducibile neppure alla competenza statale in materia di "principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario" di cui all'art. 119, secondo comma, Cost. 10. - Illegittimita' dell'art. 71, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza, regionale particolarmente per la violazione dell'art. 117 Cost. L'art. 71 e' viziato di illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si riferisce ad una materia, il "governo del territorio" attribuita alla legislazione concorrente dello Stato e delle regioni. 10.1 - La disposizione impugnata e' direttamente connessa con la legge 5 febbraio 1992 n. 177 ("Norme riguardanti aree demaniali nelle province di Belluno, Como, Bergamo e Rovigo, per il trasferimento al patrimonio disponibile e successiva cessione a privati") che ha dettato una specifica e minuziosa disciplina relativa al trasferimento delle "aree demaniali ricadenti nel territorio delle province di Belluno, nonche' dei comuni di Solico in provincia di Como, di Seriate in provincia di Bergamo e di Guarda Veneta, Polesella e Papozze in provincia di Rovigo, su cui siano state eseguite in epoca anteriore al 31 dicembre 1983 opere di urbanizzazione da parte di enti o privati cittadini, a seguito di regolare concessione o anche in assenza di titolo alcuno, e quelle ancorche' non edificate, ma comunque in possesso pacco di privati" al patrimonio disponibile di ciascun comune interessato, in vista della successiva cessione di tali beni ai "privati possessori" delle stesse aree (cfr. art. 1 e 2 della legge n. 177 del 1992). L'art. 6 della legge n. 177 del 1992 precisa, in particolare, che l'acquisto delle aree "ha valore di sanatoria agli effetti urbanistici e fa venir meno le pretese dello Stato per canoni pregressi ed in genere per compensi richiesti a qualsiasi titolo in dipendenza dell'occupazione delle aree". L'art. 117 della Costituzione - cosi' come innovato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 - attribuisce, in particolare, alla "legislazione concorrente" delle Regioni la materia relativa al "governo del territorio". L'art. 117 della Costituzione conferma che nelle "materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato". E' quindi evidente che l'art. 71 della legge n. 448 del 2001, nella parte in cui prevede un possibile passaggio di beni del demanio statale al patrimonio disponibile dei comuni, con valore di sanatoria agli effetti urbanistici degli abusi commessi, contrasta con le competenze regionali costituzionalmente garantite in materia di governo del territorio L'art. 71 della legge n. 448 del 2001 estende difatti una disciplina di estremo dettaglio - originariamente limitata ad alcune, specifiche aree demaniali site nelle province di Belluno, Como, Bergamo e Rovigo - a tutte le ipotesi di trasferimento di "aree demaniali ricadenti nel territorio nazionale non destinate all'esercizio della funzione pubblica e su cui siano state eseguite opere di urbanizzazione e ricostruzione in epoca anteriore al 31 dicembre 1990". La sanatoria - di carattere limitato e settoriale - prevista dalla legge n. 177 del 1992 acquista, per effetto della disposizione dettata dall'art. 71 cit., il significato e le dimensioni di una sanatoria generalizzata, destinata ad esplicare effetto sul territorio di ciascuna singola regione. La norma viola dunque la potesta' legislativa costituzionalmente attribuita alle regioni dall'art. 117 della Costituzione ed incide illegittimamente sull'esercizio di competenze costituzionalmente garantite alle regioni. La potesta' legislativa regionale in materia di "governo del territorio" e' difatti caratterizzata da una sfera di autonomia che non puo' essere eliminata o indebitamente compressa dal legislatore nazionale. Il legislatore nazionale puo' soltanto stabilire i "principi fondamentali" della materia. Ma - come gia' affermato da questa Corte - i "principi fondamentali" devono "riguardare in ogni caso il modo di esercizio della potesta' legislativa regionale e non comportare l'inclusione o l'esclusione di singoli settori dalla materia o dall'ambito di essa". Piu' precisamente, si devono ritenere e qualificare "principi fondamentali" - anche con riferimento alla nuova formulazione dell'art. 117 della Costituzione - "solo i nuclei essenziali del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono per i principi enunciati o da esse desumibili" (Corte cost., sent. n. 482 del 1995). La legge statale impugnata sacrifica quindi, in maniera del tutto illegittima ed incoerente, quel contenuto minimo dell'autonomia legislativa regionale che il legislatore statale non puo' viceversa comprimere o eliminare, nelle materie attribuite alla competenza legislativa concorrente delle Regioni. Piu' precisamente, e' certo che i principi fondamentali stabiliti dalle leggi-quadro nazionali debbano avere un "livello di maggior astrattezza" rispetto alle regole positivamente stabilite dal legislatore regionale (sent. n. 65 del 2001). Nel caso di specie, viceversa, l'art. 71 della legge n. 448 del 2001 detta, per quanto riguarda il trasferimento delle aree demaniali ai comuni prima, ed ai privati poi, nonche' per la conseguente sanatoria, una disciplina di assoluto dettaglio che sostanzialmente espropria la regione della propria competenza legislativa in materia. 11. - Illegittimita' dell'art. 60, comma 1, lett. d), legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente, per la violazione degli artt. 117 e 118, Cost. L'art. 60, comma 1, lett. d), e' costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, cosi' come ridisegnati dalla legge della Costituzione n. 3 del 2001 sotto diversi profili. 11.1 - Anzitutto, la disposizione impugnata viola l'art. 117, quarto comma, Cost., in quanto, stabilendo che spetti all'amministrazione centrale (in particolare, al Ministro delle politiche agricole e forestali) individuare le tipologie di investimenti che possono essere ammesse al finanziamento attraverso gli aiuti comunitari di cui al regolamento CE n. 1257/1999, interviene in un ambito materiale, quello dell'agricoltura, che il nuovo art. 117 affida alla legislazione residuale delle regioni. 11.2 - Occorre, inoltre, soffermarsi sulla natura dell'attribuzione conferita dalla norma in discussione al Ministro delle politiche agricole e forestali. E' evidente che la determinazione delle tipologie di investimento per le imprese agricole e per quelle della prima trasformazione e commercializzazione ammesse agli aiuti di Stato, in quanto esercizio di un'attivita' di regolamentazione a carattere generale ed astratto, si risolve nella manifestazione di un potere regolamentare, anche se la disposizione impugnata non prescrive, in modo esplicito, che il decreto del Ministro assuma la forma e segua il procedimento di formazione dei regolamenti. Cio' conduce a censurare l'art. 60, comma 1, lett. d), anche per contrasto con l'art. 117, sesto comma, Cost., che espressamente esclude la potesta' regolamentare dello Stato nelle materie attribuite alla legislazione concorrente o alla legislazione residuale delle regioni. 11.3 - Infine, anche qualora si volesse ritenere che la disposizione impugnata prevede l'attribuzione al Ministro di una funzione propriamente amministrativa e non di una funzione normativa, si dovrebbe concludere parimenti per la sua incostituzionalita' per violazione dell'articolo 118 Cost. Tale contrasto e' reso evidente dal fatto che l'attribuzione di cui all'art. 60, comma 1, lett. d) non trova alcuna giustificazione ne' nelle esigenze di "esercizio unitario", ne' tantomeno nei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezzza che dovrebbero costituire il fondamento costituzionale di ogni allocazione di funzioni amministrative, soprattutto in considerazione del fatto che le istanze unitarie sono ampiamente soddisfatte, in materia di agricoltura, dalla copiosa produzione normativa comunitaria - cui, peraltro, la stessa norma impugnata fa esplicito richiamo - che le regioni sono oggi abilitate ad attuare in via diretta in forza dell'art. 117, quinto comma, Cost. 12. - Illegittimita' dell'art. 64, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente per la violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. Anche questa norma modifica ed integra la disciplina previgente relativamente ad un ambito materiale, quello dell'agricoltura, che il nuovo ripano di competenze previsto in Costituzione affida alla legislazione residuale delle regioni. Anche in questo caso occorre ribadire che, nella materia in questione, la normativa statale previgente resta valida ed applicabile fino a quando le regioni non detteranno una propria disciplina nell'esercizio della nuova potesta' di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. Nel frattempo, pero', un intervento statale, come quello che qui si censura, risulta del tutto privo di un fondamento costituzionale, giacche' l'agricoltura non rientra in nessuno dei due elenchi contenuti nei commi secondo e terzo dell'art. 117 Cost. 12.1 - Che l'ambito materiale in cui interviene la norma sia correttamente individuato nell'agricoltura e', poi, ancor piu' evidente se si tiene presente l'oggetto della disciplina impugnata. La norma, infatti, regola il regime sanzionatorio dei vigneti impiantati abusivamente e come "numerose volte affermato nella giurisprudenza di questa Corte [...], la competenza sanzionatrice non attiene a una materia a se', ma accede alle materie sostanziali rispetto alle quali svolge una funzione rafforzatrice dei precetti stabiliti dal legislatore" (Corte cost. sent. n. 28 del 1996). 13 - Illegittimita' dell'art. 66, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente per la violazione degli artt. 117, quarto comma e 118 Cost. La norma, ponendo prescrizioni volte a fronteggiare emergenze nel settore zootecnico, costituisce intervento del legislatore statale in un ambito materiale chiaramente affidato alla legislazione regionale, senza che sia possibile alcuna riconduzione dell'oggetto della disciplina alle competenze legislative che la Costituzione riconosce allo Stato. 13.1 - Occorre inoltre osservare che la disposizione impugnata prevede l'esecizio di funzioni amministrative, quali la predisposizione di interventi per la protezione dall'influenza catarrale dei ruminanti e la gestione di un apposito fondo "per l'emergenza blue tongue", che non si conciliano affatto col disposto dell'art. 118, comma 1, della Costituzione. Anche in questo caso, la violazione di tale norma e' determinata dal fatto che l'attribuzione a livello centrale delle funzioni amministrative di cui alla disposizione impugnata non trova alcuna giustificazione ne' nelle esigenze di "esercizio unitario", ne' tantomeno nei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezzza che dovrebbero costituire il fondamento costituzionale di ogni allocazione di funzioni amministrative. 13.2 - Peraltro, la violazione dell'art. 118, primo comma, Cost., ricorre anche qualora si volesse ritenere che, attraverso la disposizione in esame, lo Stato abbia inteso introdurre semplici modifiche alla disciplina di funzioni amministrative gia' riconosciute all'amministrazione centrale dalla legislazione previgente che, come tale, non e' suscettibile, in questa sede, di censure di incostituzionlita' da parte della regione ricorrente. Si e' gia' rilevato, infatti, che il nuovo sistema costituzionale delle competenze non puo' non vincolare ogni intervento normativo che vada ad incidere sull'assetto delle funzioni amministrative, impedendo che lo Stato possa liberamente disciplinare le funzioni amministrative che gli erano riconosciute prima della riforma costituzionale, senza attenersi ai nuovi principi imposti dagli artt. 117 e 118 Cost.; di talche' e' inevitabile ritenere che, dopo l'entrata in vigore della legge della Costituzione n. 3 del 2001, lo Stato puo' legittimamente dettare norme per l'organizazione e lo svolgimento di una funzione amministrativa solo nell'ambito di un intervento che contempli la complessiva riallocazione delle funzioni amministrative relative ad un determinato ambito materiale, distinguendo rigorosamente le funzioni da riservare al livello centrale in attuazione e nel rispetto dei parametri di cui all'art. 118, primo comma Cost., e solo per tali funzioni provvedendo a dettare la relativa disciplina. Pertanto, anche con riferimento all'art. 66 della legge n. 448 del 2001, si deve concludere che, in assenza di una simile operazione complessiva, e' da escludere che lo Stato possa legittimamente procedere ad interventi di semplice integrazione parziale della disciplina previgente, la cui conformita' a Costituzione deve essere oggi valutata alla luce delle nuove disposizioni degli artt. 117 e 118 Cost. 14. - Illegittimita' dell'art. 67, commi 1, 2 e 3, legge n. 448 del 2001, per lesione, della sfera di competenza regionale particolarmente per la violazione degli artt. 117, quarto comma e 118 Cost. 14.1 - La disposizione impugnata detta norme relative ad un ambito materiale, quello dell'agricoltura, che il nuovo riparto di competenze, cosi' come scaturito dalla riforma costituzionale intervenuta con 1egge della Costituzione n. 3 del 2001, affida alla legislazione residuale delle regioni. 14.2 - Inoltre, i commi 1 e 2 della disposizione impugnata, in quanto disciplinano - prevedendone il finanziamento e le modalita' di esercizio un'attivita' di programmazione negoziata che fa capo ad amministrazioni dello Stato, violano anche il modello di riparto di funzioni amministrative previsto dall'art. 118 Cost. Tale violazione e' determinata dal fatto che l'attribuzione al livello centrale delle suddette funzioni programmatorie non trova alcuna giustificazione ne' nelle esigenze di "esercizio unitario", ne' tantomeno nei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezzza a cui si deve informare ogni allocazione di funzioni amministrative. 14.3 - Analoga censura deve essere mossa al comma 3 dell'art. 67, che integra la disciplina previgente, anch'essa attributiva di competenze programmatorie statali. Per quanto gia' piu' volte si e' avuto modo di rilevare, non v'e' dubbio che tale disciplina possa essere considerata tutt'ora valida ed applicabile ma certamente, essa non puo' piu' essere oggetto di interventi normativi parziali da parte dello Stato, se non nel quadro di una complessiva opera di riallocazione delle funzioni amministrative precedentemente riconosciute all'amministrazione statale, in conformita' con il nuovo modello disegnato dai principi di cui all'art. 118 Cost. 15 - Illegittimita' dell'art. 52, commi 10, 39, 83, legge n. 448 del 2001, per lesione della sfera di competenza regionale, particolarmente per la violazione degli artt. 117 e 118, Cost. L'art. 52, commi 10, 39, 83, e' costituzionalmente illegittimo per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., in quanto interviene in ambiti materiali, quelli dell'allevamento, dell'agricoltura e dell'assistenza, che fuoriescono dalla sfera di competenza legislativa ed amministrativa dello Stato. 15.1 - In particolare, l'art. 52, comma 10, nel prevedere la potesta' del Ministro delle politiche agricole e forestali di sottoporre il versamento del prelievo per le quote latte alla disiplina prevista dai commi 15 e 16 del d.l. n. 43 del 1999, convertito nella legge n. 118 del 1999, qualora nella produzione lattiera si verifichino eventi di particolare gravita', contrasta con quanto stabilito dall'art. 118, primo comma, Cost., in ordine alla ripartizione delle funzioni amministrative. Il vizio censurato e' determinato dal fatto che l'attribuzione di cui all'art. 52, comma 10, non trova alcuna giustificazione ne' nelle esigenze di "esercizio unitario", ne' tantomeno nei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezzza che dovrebbero costituire il fondamento costituzionale di ogni allocazione di funzioni amministrative. 15.2 - Anche il comma 39 dell'art. 52 e' censurabile sotto ulteriori profili. 15.2.1 - Occorre osservare, anzitutto, che la disposizione impugnata, nella parte in cui prevede incentivazioni a favore dell'ippoterapia, risulterebbe in contrasto con il nuovo art. 117 Cost., anche qualora la si volesse ricondurre all'ambito materiale della "tutela della salute" previsto esplicitamente come materia affidata alla legislazione concorrente. Lo Stato, infatti, nelle materie devolute alla legislazione concorrente deve limitarsi alla determinazione dei principi fondamentali o, tutt'al piu', eventualmente, a dettare norme immediatamente operative caratterizzate, peraltro, dalla loro "cedevolezza" nei confronti della successiva normazione regionale. Nel caso di specie, e' evidente che il legislatore statale non ha rispettato i limiti impostigli dalla Costituzione. La previsione di un finanziamento per la promozione dell'ippoterapia, infatti, non e' ne' disposizione di principio, ne' disciplina normativa a carattere suppletivo, come tale derogabile dal legislatore regionale. Tantomeno la disposizione in esame puo' essere ricondotta al disposto dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto non sussiste alcuna determinazione di un livello essenziale relativo alla prestazione sanitaria che contempla l'utilizzo dei cavalli a scopo terapeutico. 15.2.2. - Inoltre, la disposizione impugnata e' censurabile per violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., per la parte in cui affida ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la disciplina necessaria per la sua attuazione. E' evidente che il decreto ministeriale, in quanto esercizio di un'attivita' di regolazione a carattere generale ed astratto, si risolve nella manifestazione di un potere regolamentare. Cio' determina la censura appena denunciata, poiche' il nuovo assetto di competenze previsto nel Titolo V, Parte II, della Costituzione esclude la potesta' regolamentare dello Stato nelle materie attribuite alla legislazione concorrente o alla legislazione residuale delle regioni. 15.2.3 - Infine, anche qualora si volesse ritenere che la disposizione impugnata prevede l'attribuzione al Ministro dell'economia e delle finanze di una funzione amministrativa a carattere non regolamentare, si dovrebbe concludere parimenti per la sua incostituzionalita' per violazione dell'articolo 118, primo comma, Cost. Il vizio censurato e' determinato dal fatto che l'attribuzione di cui all'art. 52, comma 39, non trova alcuna giustificazione ne' nelle esigenze di "esercizio unitario", ne' tantomeno nei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezzza che dovrebbero costituire il fondamento costituzionale di ogni allocazione di funzioni amministrative. 15.3 - Il comma 83 dell'art. 52 e' altresi censurabile per violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., nonche' per violazione dell'art. 118, primo comma, Cost. 15.3.1 - Sotto il primo profilo, la disposizione, nella parte in cui attribuisce al Ministro delle politiche agricole e forestali il potere di emanare un decreto per la disciplina delle modalita' operative e gestionali del fondo di cui all'art. 127, secondo comma, della legge n. 388 del 2000, costituisce l'indebita previsione di un potere regolamentare statale che, nelle materie di legislazione concorrente o residuale delle regioni, e' radicalmente escluso. 15.3.2 - Sotto il secondo profilo, la disposizione in esame, prevedendo che il Ministero delle politiche agricole e forestali determini annualmente la quota di stanziamento per la copertura dei rischi agricoli da destinare alle azioni di mutualita' e solidarieta', si risolve nell'attribuzione di funzioni amministrative all'amministrazione statale senza che ricorra alcuna giustificazione ne' nelle esigenze di "esercizio unitario", ne' tantomeno nei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezzza che, secondo quanto stabilito dall'art. 118, primo comma, Cost., devono costituire il fondamento costituzionale di ogni allocazione di funzioni amministrative.