Ricorso  ai sensi dell'art. 127, comma 2 della Costituzione della
Regione  Marche,  in  persona del presidente pro-tempore della giunta
regionale,   a   cio'  autorizzato  con  deliberazione  della  giunta
regionale  n. 282  dell'11  febbraio  2002,  rappresentato  e  difeso
dall'avv. prof. Stefano Grassi ed elettivamente domiciliato presso lo
studio  di  quest'ultimo,  in  Roma,  piazza Barberini n. 12, come da
procura  speciale  per  atto  del  notaio  Sabatini di Ancona n. rep.
35838, del 18 febbraio 2002,
    Contro  lo  Stato,  in  persona  del presidente del Consiglio dei
ministri   pro-tempore   per   la   dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale degli artt. 11, 17, comma 2, 27, comma 13, 29, 30, 33,
41,  52,  comma  17,  70,  71,  60, com ma 1, lettera d), 64, 66, 67,
nonche'  52,  commi 10, 39 e 83, della legge 28 dicembre 2001, n. 448
("Disposizioni  per  la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge finanziaria 2002"), pubblicata nel supplemento
ordinario  alla  Gazzetta  Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2001, per
violazione  degli  artt. 117, 118 e 119 Cost., nei termini di seguito
prospettati.

                              F a t t o

    1. - La  legge n. 448 del 28 dicembre 2001, indicata in epigrafe,
contiene  una  serie  di  disposizioni  che la Regione Marche ritiene
lesive  della  propria  sfera  di  competenza ai sensi dell'art. 127,
secondo comma, Cost.
    Si tratta, in particolare, delle seguenti disposizioni:
        l'art. 11  ("Modifiche al decreto legislativo 17 maggio 1999,
n. 153,  in materia di fondazioni"), che introduce modificazioni alla
disciplina  delle fondazioni c.d. "bancarie", prevedendone la diretta
applicabilita'  da  parte  delle  medesime  fondazioni  entro novanta
giorni  dall'emanazione  di  un  regolamento,  ai sensi dell'art. 17,
comma 3,  della  legge  n. 400  del  1988, da parte dell'autorita' di
vigilanza (attualmente il Ministero dell'economia e delle finanze);
        l'art. 17   ("Compatibilita'   della   spesa  in  materia  di
contrattazione  collettiva  nazionale ed integrativa"), limitatamente
al   comma   2,   che  prevede  controlli  statali  "in  merito  alle
implicazioni finanziarie complessive della contrattazione integrativa
di comparto";
        l'art. 27  ("Disposizioni  finanziarie per gli enti locali"),
limitatamente   al   comma  13,  che  esclude  dall'assoggettabilita'
all'esecuzione  forzata alcune somme di competenza degli enti locali,
disponibili  "sulle  contabilita'  speciali di girofondi intestate al
Ministero dell'interno";
        l'art. 29    ("Misure    di    efficienza   delle   pubbliche
amministrazioni"),  il quale, in particolare: al comma 1, lettere a),
b), c), prevede misure di efficienza delle pubbliche amministrazioni,
non  solo  statali ma anche regionali e locali; al comma 2, autorizza
per le pubbliche amministrazioni, non solo statali ma anche regionali
e  locali,  "forme  di autofinanziamento al fine di ridurre l'entita'
degli stanziamenti e dei trasferimenti pubblici a carico del bilancio
dello  Stato";  al  comma  3,  dispone  l'applicabilita'  del  regime
tributario  agevolato  previsto  dall'art. 90  della legge n. 388 del
2000  ai  trasferimenti  di  beni  effettuati  ai soggetti di diritto
privato   ai   quali   sia   affidato   lo   svolgimento  di  servizi
precedentemente  svolti  dalle pubbliche amministrazioni; al comma 4,
introduce  alcune modifiche all'art. 53, comma 23, della legge n. 388
del  2000,  in  materia  di  organizzazione  degli  uffici degli enti
locali;  al  comma  V, attribuisce allo Stato un potere regolamentare
per la disciplina attuativa dei commi precedenti;
        l'art. 30  ("Attivita'  di supporto al Ministero del lavoro e
delle politiche sociali"), che stabilisce che il Ministero del lavoro
e  delle politiche sociali si avvale di "Italia Lavoro S.p.a." per la
promozione  e  la gestione di azioni nel campo delle politiche attive
del  lavoro  e  dell'assistenza  tecnica  ai  servizi  per l'impiego,
aggiungendo  che  il  Ministero  assegna direttamente a tale societa'
funzioni, servizi e risorse in relazione ai suddetti compiti;
        l'art. 33   ("Servizi  dei  beni  culturali"),  che  aggiunge
all'art. 10,  comma  1,  del  d.lgs.  n. 368 del 1998 (istitutivo del
Ministero  per  i  beni  e  le attivita' culturali) una nuova lettera
b-bis),  che consente al Ministero di "dare in concessione a soggetti
diversi  da  quelli  statali  la  gestione  di servizi finalizzati al
miglioramento  della  fruizione  pubblica  e  alla valorizzazione del
patrimonio  artistico",  secondo  modalita',  criteri  e  garanzie da
definirsi con regolamento ministeriale, del quale vengono individuati
puntualmente i principali contenuti;
        l'art. 41  ("Finanza  degli enti territoriali"), che concerne
gli  strumenti  di  gestione  del  debito pubblico e dispone che, per
contenere  il  costo  dell'indebitamento e per monitorare l'andamento
della  finanza  pubblica,  il Ministero dell'economia e delle finanze
coordina  l'accesso al mercato dei capitali degli enti locali e delle
regioni,   con   conseguente   obbligo  degli  enti  territoriali  di
comunicare   al  Ministero  i  dati  relativi  alla  loro  situazione
finanziaria;
        l'art. 52  ("Interventi vari"), limitatamente al comma 17, in
base al quale, a decorrere dal 1 gennaio 2002, le disposizioni di cui
alla legge n. 426 del 1971, in materia di commercio, non si applicano
alle  sagre, fiere e manifestazioni a carattere religioso, benefico e
politico;
        l'art. 70  ("Disposizioni  in materia di asili nido"), per le
parti  in  cui:  prevede l'istituzione di un fondo per gli asili nido
nell'ambito  dello  stato  di  previsione  del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali, disciplinandone le modalita' di ripartizione
e  la dotazione finanziaria; stabilisce la deducibilita' dall'imposta
sul  reddito  dei  genitori  e  dei  datori  di lavoro delle spese di
partecipazione  alla gestione dei micro-nidi e dei nidi nei luoghi di
lavoro;
        l'art. 71  ("Disposizioni in materia di trasferimento di beni
demaniali"),  che  prevede  che  "le disposizioni di cui alla legge 5
febbraio 1992, n. 177, concernente il trasferimento di beni demaniali
al  patrimonio  disponibile  dei  comuni  e la successiva cessione ai
privati,  si  applicano  anche  alle  aree  demaniali  ricadenti  nel
territorio  nazionale  non  destinate  all'esercizio  della  funzione
pubblica  e  su cui siano state eseguite opere di urbanizzazione e di
costruzione in epoca anteriore al 31 dicembre 1990";
        l'art. 60  ("Modifiche  all'art. 8  della  legge  23 dicembre
2000, n. 388"), limitatamente al comma 1, lettera d), che aggiunge il
comma 7-bis contenente la previsione di un decreto del Ministro delle
politiche   agricole   e  forestali,  da  emanarsi  d'intesa  con  la
Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province  di  Trento e di Bolzano, per la definizione delle tipologie
di  investimento  per  le  imprese  agricole e per quelle della prima
trasformazione e commercializzazione ammesse agli aiuti;
        l'art. 64  ("Modifiche  all'art. 2 del d.lgs. 10 agosto 2000,
n. 260"),   che   prevede   una   nuova   disciplina  delle  sanzioni
amministrative per i vigneti abusivamente impiantati;
        l'art.  66  ("Interventi  per  la  protezione  dall'influenza
catarrale  dei  ruminanti"),  che  prevede finanziamenti alle aziende
zootecniche   e   alle  cooperative  di  allevamento  di  bovini  per
fronteggiare l'emergenza dell'influenza catarrale dei ruminanti;
        l'art. 67  ("Programmazione  negoziata  in agricoltura"), che
prevede  il  finanziamento  di  patti  territoriali e di contratti di
programma in materia di agricoltura;
        l'art. 52  ("Interventi vari"), limitatamente ai commi 10, 39
e  83,  che  prevedono  poteri  in  capo  al Ministro delle politiche
agricole  e forestali e al Ministro dell'economia e delle finanze, in
materia  di  quote  latte,  sostegno  agli  allevamenti ippici per lo
sviluppo  dell'ippoterapia  e  copertura  assicurativa  dei rischi in
agricoltura;
    2. - La  Regione  Marche  (con  deliberazione della giunta n. 282
dell'11  febbraio  2002)  ha deliberato di impugnare davanti a questa
Corte  le norme sopra richiamate della legge statale n. 448 del 2001,
perche'   illegittime   e  lesive  dell'autonomia  costituzionalmente
riconosciuta  e  garantita  alla  stessa  regione  ricorrente, per le
seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    1. - Illegittimita'  dell'art. 11,  legge  n. 448  del  2001, per
lesione  della  sfera  di competenza regionale particolarmente per la
violazione dell'art. 117, commi terzo e quarto, Cost.
    L'art. 11  della  legge  n. 448  del  2001  e' costituzionalmente
illegittimo  per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., per la
parte  in  cui  disciplina,  con norme non di principio, direttamente
applicabili  da  parte dei destinatari, e comunque non derogabili dal
legislatore  regionale, una materia compresa tra quelle affidate alla
legislazione   concorrente  dello  Stato  e  delle  Regioni,  nonche'
dell'art. 117,  sesto  comma,  nella  parte  in cui, ai commi primo e
quattordicesimo,  prevede l'attribuzione di poteri regolamentari agli
organi   dello  Stato  in  una  materia  per  la  quale  la  potesta'
regolamentare e' riservata, in via esclusiva, alle regioni.
    1.1 - Oggetto della disciplina di cui alla disposizione impugnata
sono le fondazioni bancarie.
    In  particolare,  la  disposizione  incide  sulla attivita' delle
fondazioni  bancarie,  indirizzandola  verso  ambiti precostituiti (i
c.d.  "settori  ammessi" e "settori rilevanti" di cui ai commi primo,
secondo,  terzo),  sulla  composizione dell'organo di indirizzo della
fondazione  e  sui  requisiti  e le incompatibilita' dei soggetti che
svolgono   funzioni   di   indirizzo,  amministrazione,  direzione  o
controllo  (commi  quarto,  quinto,  sesto,  settimo,  ottavo), sulle
modalita'   di  gestione  del  patrimonio  dell'ente  (commi  nono  e
undicesimo), sulla definizione normativa di controllo di una societa'
bancaria  da parte di una fondazione (comma decimo), sulla disciplina
del  periodo  transitorio,  nel  corso  del  quale le fondazioni sono
obbligate  a  dismettere  le  loro  partecipazioni di controllo nelle
societa'  bancarie  conferitarie,  nonche'  sui  poteri  di vigilanza
affidati  al  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze e alla Banca
d'Italia (commi settimo, ottavo).
    Tale  disciplina, almeno con riferimento alla fase di transizione
che   tutt'ora   caratterizza  la  progressiva  trasformazione  delle
fondazioni   che   esercitavano   attivita'  di  credito  in  persone
giuridiche  di  diritto  privato svincolate dalle aziende del settore
creditizio  e  bancario,  deve essere ritenuta compresa nella materia
delle  "casse  di  risparmio",  che  il  nuovo art. 117, comma terzo,
Cost.,  attribuisce alla legislazione concorrente dello Stato e delle
regioni.
    Come questa Corte ha avuto modo di affermare, anche recentemente,
"le  fondazioni  conferenti  enti  creditizi  di  interesse regionale
continuano  attualmente  a  rientrare  nelle previsioni relative agli
enti creditizi"; infatti "nel periodo transitorio delle operazioni di
ristrutturazione  bancaria,  fino  a  quando  il Ministero del tesoro
esercitera'  i  poteri  di vigilanza sulle fondazioni (enti che hanno
effettuato il conferimento di azienda bancaria ai sensi del d.lgs. 20
novembre   1990,   n. 356),   deve   ritenersi  che  sia  rimasta  la
qualificazione  di  ente  creditizio,  in mancanza della quale non vi
sarebbe   alcuna   giustificazione  dell'attribuzione  di  poteri  al
Ministero  del tesoro. [...]. In realta' - prosegue questa Corte - la
perdita   di  tale  qualificazione  e'  destinata  a  verificarsi  al
compimento   della   trasformazione  sia  con  la  dismissione  della
partecipazione rilevante nella societa' bancaria conferitaria e delle
altre partecipazioni non piu' consentite, sia con l'adeguamento degli
statuti  e  la  loro  relativa approvazione. Le fondazioni anzidette,
prima  di  tale momento, non assumono la natura di persone giuridiche
private  senza  fini  di  lucro"  (sentt. nn. 341 e 342 del 2001, che
confermano la sent. n. 163 del 1995).
    Nel  caso di specie, risultando evidentemente non ancora compiuta
la  fase  transitoria  avviata  con  il  d.lgs.  n. 356  del 1990, la
disciplina   delle  fondazioni  bancarie  non  puo'  essere  ritenuta
rientrante  nella materia "ordinamento civile" di cui alla lettera l)
del  secondo  comma  dell'art. 117  Cost.,  ma,  al  contrario, nella
materia "casse di risparmio" di cui al comma successivo.
    In  questa  materia  la  Costituzione  stabilisce che la potesta'
legislativa spetti alle Regioni, "salvo che per la determinazione dei
principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato".
    La disposizione impugnata, in palese violazione di tale precetto,
non  contiene norme di principio volte a definire il quadro normativo
della  materia  che  il  legislatore  regionale  dovrebbe  rispettare
nell'esercizio  della  sua  autonomia  legislativa costituzionalmente
garantita.   Al   contrario,   stabilisce   norme   puntuali  rivolte
direttamente ai soggetti destinatari della disciplina, senza lasciare
alcuno   spazio   alla   necessaria  interposizione  del  legislatore
regionale.
    Oltretutto, il vizio denunciato e' evidente anche nell'ipotesi in
cui si volesse ammettere che al legislatore statale l'attuale disegno
costituzionale  riconosca il potere di dettare discipline legislative
contenenti  norme  direttamente applicabili, a carattere "suppletivo"
o,  "cedevole"  rispetto  ai  successivi  interventi  del legislatore
regionale.
    Infatti,  il  tenore letterale delle norme contenute nell'art. 11
della legge n. 448 del 2001 non consente di ritenere in alcun modo il
legislatore regionale abilitato ad apportare le eventuali modifiche o
deroghe  che  ritenesse  opportune,  sia pure nel quadro dei principi
fondamentali dettati dal legislatore statale.
    1.2  -  La  disposizione  impugnata  viola, altresi', l'art. 117,
sesto  comma,  Cost.,  laddove,  ai  commi  primo  e quattordicesimo,
riconosce  al Ministro competente un potere regolamentare che, in una
materia  di  legislazione  concorrente,  spetta  esclusivamente  alle
regioni.
    Tale  vizio  e'  direttamente  connesso alla violazione di cui al
punto  precedente,  dal  momento  che  i  poteri regolamentari che la
disposizione  prevede  sono volti da un lato a modificare parte della
disciplina   legislativa   contestualmente   introdotta   (comma  I),
dall'altro  a  dettare  le disposizioni attuative necessarie alla sua
applicazione,  con cio' confermando che il legislatore statale non ha
inteso  lasciare alcuno spazio all'esercizio della potesta' normativa
che pure la Costituzione riconosce alle regioni in questa materia.
    2  - Illegittimita' dell'art. 17, comma secondo, legge n. 448 del
2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente
per  la  violazione  dell'art.  117,  sesto comma e 119, primo comma,
Cost.
    L'art. 17,  comma  secondo, e' costituzionalmente illegittimo per
palese  violazione degli artt. 117, quarto comma, e 119, primo comma,
Cost., per la parte in cui prevede la possibile verifica da parte del
Governo  e  dei  Comitati  di  settore  in  merito  alle implicazioni
finanziarie   della  contrattazione  integrativa  di  comparto  e  la
definizione  di metodologie e criteri di riscontro (anche a campione)
sui   contratti   collettivi  delle  singole  amministrazioni,  anche
regionali e locali.
    2.1   -   Infatti,   si   deve  ritenere  che  la  materia  della
contrattazione  collettiva  riferita  al rapporto di lavoro presso le
pubbliche  amministrazioni,  a  seguito  della  riforma  del  sistema
costituzionale  delle  competenze  legislative e amministrative delle
regioni  operata  con  la legge costituzionale n. 3 del 2001, risulta
estranea  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato di cui al secondo
comma  dell'art. 117  Cost., per lo meno quando, riferendosi anche ad
amministrazioni  diverse  da  quelle  indicate  alla  lettera  g) del
medesimo  comma,  vada  al  di  la' delle linee ordinamentali e della
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali.
    Oltretutto, quando la disciplina dell'impiego presso le pubbliche
amministrazioni, come nel caso di specie, va ad incrociare la materia
dell'ordinamento  e  dell'organizzazione  amministrativa  regionale e
degli  enti locali (e non presenta profili di "tutela e sicurezza del
lavoro"),  non  e' possibile avanzare dubbi sul fatto che spetti solo
al legislatore regionale regolare la materia con la massima liberta',
o  direttamente  o  ripartendola  tra  le  varie  possibili  fonti di
regolamentazione  interne,  ivi compresa la contrattazione collettiva
integrativa di comparto.
    Di  talche',  la  disposizione  impugnata,  per  la  parte in cui
prevede   limiti  e  controlli  alla  contrattazione  integrativa  di
comparto,  preclude  al  legislatore  regionale  la  possibilita'  di
regolare  liberamente  il  rapporto di impiego con le amministrazioni
regionali   e   locali  ed  e',  pertanto,  lesiva  della  competenza
legislativa  piena  o  residuale  di  cui all'art. 117, quarto comma,
Cost.
    2.2 - La  disposizione  impugnata,  inoltre, viola l'autonomia di
spesa  costituzionalmente  riconosciuta  e garantita alle regioni dal
primo  comma  del  nuovo  art. 119  della  Costituzione.  Infatti, la
previsione  di  controlli  da  parte  dello  Stato sulle implicazioni
finanziarie    della   contrattazione   integrativa   delle   singole
amministrazioni  determina, nel caso delle amministrazioni regionali,
una  lesione  della sfera di competenza finanziaria della Regione, la
quale,  in  un regime di piena autonomia, non puo' che essere l'unico
soggetto abilitato a prevedere procedure e criteri di controllo della
propria spesa pubblica.
    E cio' a maggior ragione fino a quando lo Stato non avra' dettato
"i  principi  di  coordinamento  della finanza pubblica e del sistema
tributario"   previsti   dal   secondo   comma   dell'art. 119  della
Costituzione.  La ratio del disegno costituzionale ricavabile da tale
disposizione  rende,  infatti, inammissibile ritenere che allo Stato,
pure  in difetto di una disciplina di coordinamento della finanza cui
il    legislatore    regionale    possa    ispirarsi   nell'esercizio
dell'autonomia  finanziaria  che  gli  e'  garantita,  sia consentito
dettare  norme  che limitino direttamente tale autonomia introducendo
specifiche forme di controllo a livello centrale.
    3 - Illegittimita' dell'art. 27, comma 13, legge n. 448 del 2001,
per  lesione  della sfera di competenza regionale particolarmente per
la violazione dell'art. 117, commi terzo e quarto Cost.
    L'art. 27,   comma  13,  e'  costituzionalmente  illegittimo  per
violazione  dell'art. 117,  quarto comma, Cost., o, in subordine, per
violazione   dell'art. 17,   terzo  comma,  Cost.,  dal  momento  che
disciplina  una  materia  che  non  rientra  tra quelle affidate alla
legislazione esclusiva dello Stato, ma che, invece, e' da considerare
tra  quelle  di legislazione residuale delle regioni, o tutt'al piu',
tra  quelle di potesta' legislativa concorrente, senza limitarsi - in
questa  seconda ipotesi - alla definizione di principi fondamentali o
di  norme  direttamente  applicabili  a carattere "cedevole" rispetto
alla legislazione regionale.
    3.1  -  Oggetto della disposizione impugnata e' la disciplina del
regime giuridico relativo alla esecutabilita' e alla sottoponibilita'
a  sequestro  e pignoramento dei fondi recanti addizionali I.R.P.E.F.
comunali  e  provinciali, disponibili sulle contabilita' speciali del
Ministero dell'interno.
    Si  tratta  di  una  disciplina  che  non  puo' certamente essere
ricondotta  alla  competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  l),  in  materia  di  "norme
processuali",  in  quanto  costituita da norme di diritto sostanziale
che  non vanno ad intaccare in alcun modo la vigente disciplina degli
istituti processuali relativi all'esecuzione forzata. La disposizione
impugnata,   infatti,   si   limita   a   stabilire  un  limite  alla
assoggettabilita'  ad  esecuzione delle somme ivi individuate, con il
solo  effetto  di renderle pienamente disponibili da parte degli enti
locali   cui   sono  destinate,  in  ossequio  alla  norma  contenuta
nell'art. 119, secondo comma, ult. alinea, Cost.
    Parimenti  la  disposizione  in esame non puo' essere considerata
frutto  della  competenza  legislativa  esclusiva  dello Stato di cui
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  e),  in  materia di "sistema
tributario  e  contabile  dello Stato". Infatti, anche se la norma si
riferisce  a  contabilita'  speciali  del  Ministero dell'interno, si
tratta di semplici "girofondi", ossia di contenitori passivi di somme
disponibili  solo  ed  unicamente  per  comuni  e province, del tutto
sottratti  ad  ogni intervento statale che risulti diverso dalla mera
messa a disposizione.
    Pertanto,  la  materia  oggetto  della  disciplina  impugnata  e'
sottratta  alla competenza legislativa dello Stato, dovendo piuttosto
essere  considerata,  in  quanto relativa al "sistema contabile degli
enti  territoriali",  affidata  alla  legislazione  piena o residuale
delle  Regioni.  Di  qui  l'evidente violazione dell'art. 117, quarto
comma, Cost.
    3.2  -  La  lesione  della  sfera di competenza costituzionalemte
garantita alla Regione e' manifesta, altresi', nell'ipotesi in cui si
ritenga  che  la  disposizione impugnata possa essere ricondotta alla
materia  "armonizzazione  dei  bilanci pubblici e coordinamento della
finanza    pubblica    e   del   sistema   tributario",   contemplata
dall'art. 117,   terzo   comma,   Cost.,  tra  quelle  di  competenza
legislativa concorrente dello Stato e delle regioni.
    Infatti,  considerato  il suo contenuto puntuale e immediatamente
operativo, la norma in esame non e' qualificabile ne' come "principio
fondamentale", come tale riservato alla legislazione dello Stato, ne'
come  disciplina  di  dettaglio  a  carattere "suppletivo", come tale
derogabile  dal  legislatore  regionale  al  quale spetta la potesta'
legislativa nella materia.
    4  -  Illegittimita'  dell'art. 29,  legge  n. 448  del 2001, per
lesione  della  sfera  di competenza regionale particolarmente per la
violazione degli artt. 117, commi quarto e sesto, nonche' 119 Cost.
    L'art.  29 della legge n. 448 del 2001 e' in palese contrasto con
gli  art. 117, commi IV e VI, nonche' 119 Cost., per le parti in cui:
prevede   misure   di   efficienza  delle  pubbliche  amministrazioni
regionali  [comma  I, lettera a), b), c)]; autorizza per le pubbliche
amministrazioni, non solo statali ma anche regionali e locali, "forme
di  autofinanziamento al fine di ridurre l'entita' degli stanziamenti
e  dei  trasferimenti  pubblici  a  carico  del bilancio dello Stato"
(comma  2);  dispone l'applicabilita' del regime tributario agevolato
previsto dall'art. 90 della legge n. 288 del 2000 ai trasferimenti di
beni  effettuati ai soggetti di diritto privato ai quali sia affidato
lo  svolgimento  di  servizi  precedentemente  svolti dalle pubbliche
amministrazioni  (comma  3);  introduce alcune modifiche all'art. 53,
comma  18,  della legge n. 388 del 2000, in materia di organizzazione
degli  uffici  degli enti locali (comma 4); attribuisce allo Stato un
potere regolamentare per la disciplina attuativa dei commi precedenti
(comma 5).
    4.1  -  Le  disposizioni  contenute  nelle lettere a), b), c) del
comma  1 dell'art. 29 dettano una serie di misure di efficienza delle
pubbliche   amministrazioni,  definendole  espressamente  applicabili
anche  ad  amministrazioni diverse da quelle dello Stato e degli enti
pubblici nazionali.
    Tale circostanza determina una evidente violazione dell'autonomia
legislativa  riconosciuta  alle  regioni dall'art. 117, quarto comma,
della Costituzione. Infatti, e' innegabile che al legislatore statale
e'  riservata  la sola disciplina di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera   g),   Cost.,   relativa   alla   materia   "ordinamento   e
organizzazione  amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti pubblici
nazionali";  di  talche'  la  corrispondente,  materia "ordinamento e
organizzazione  amministrativa  delle  Regioni,  degli  enti locali e
degli  enti pubblici sub-statali", non essendo contemplata in nessuno
degli    elenchi    contenuti    nello    stesso   art. 117,   spetta
inequivocabilmente   alla   competenza   residuale   del  legislatore
regionale, fatti salvi ovviamente i profili relati che possano essere
ricondotti  alla  lettera  p)  del  secondo  comma,  cioe' "organi di
governo   e  funzioni  fondamentali  di  comuni,  province  e  citta'
metropolitane".
    Poiche',  senza  ombra  di  dubbio, i profili di efficienza delle
amministrazioni, disciplinati con la norma impugnata, attengono anche
alla organizzazione della funzione amministrativa regionale e locale,
e'  da  ritenere che la loro disciplina sia riservata alla competenza
del  legislatore  regionale;  competenza  che,  nel  caso  di specie,
risulta inequivocabilmente lesa.
    4.2  - Il comma 2 dell'art. 29 prevede forme di autofinanziamento
cui   le   Regioni   dovrebbero   ricorrere   al   fine  di  "ridurre
progressivamente  l'entita'  degli  stanziamenti  e dei trasferimenti
pubblici  a  carico del bilancio delloStato". La norma e' in evidente
contrasto  con l'art. 117, quarto comma, Cost., per le stesse ragioni
indicate nel punto precedente, dal momento che la stessa si riferisce
anche  alle  amministrazioni regionali e locali, la cui disciplina e'
in radice preclusa al legislatore statale.
    La  norma in esame viola, altresi', l'art. 119 Cost., nella parte
in   cui,   disconoscendo   il   carattere   autonomo   e   non  piu'
prevalentemente  derivato  della  finanza  regionale,  pone limiti al
legislatore  regionale  nella definizione delle politiche di bilancio
della Regione.
    Infatti,   la   scelta   sull'eventuale   ricorso   a   forme  di
autofinaziamento spetta esclusivamente alla Regione, e oltretutto nel
perseguimento  di  finalita'  autonomamente  definite  nell'esercizio
della   propria   funzione  di  indirizzo  politico.  Di  talche'  la
disposizione   impugnata   determina   una   lesione   dell'autonomia
finanziaria  delle  Regioni,  riconosciuta  e garantita dall'art. 119
Cost.
    4.3 - Il comma 3 viola gli artt. 117, secondo comma, lettera e) e
quarto,  nonche'  119,  primo e secondo comma, nella parte in cui non
esclude che l'applicabilita' del regime tributario agevolato previsto
dall'art. 90  della legge n. 388 del 2000 si possa riferire a tributi
diversi da quelli statali.
    Infatti,  l'applicazione di questo regime agevolato, disposta dal
legislatore statale successivamente all'entrata in vigore della legge
della  Costituzione  n. 3  del  2001,  anche  ai  tributi regionali e
locali,   determina   inevitabilmente  una  lesione  della  sfera  di
competenza regionale, sia sotto il profilo dell'autonomia legislativa
in  materia  di  sistema  tributario  sia sotto quello dell'autonomia
finanziaria  di  entrata,  in  quanto  non riconducibile neppure alla
competenza  statale  in  materia  di "principi di coordinamento della
finanza  pubblica  e  del  sistema  tributario"  di cui all'art. 119,
secondo comma, Cost.
    4.4  -  Il comma 4 si pone in diretto ed insanabile contrasto con
l'art. 117,   quarto   comma,   Cost.,   dal  momento  che  introduce
modificazioni  ad  una  disposizione - il comma 23 dell'art. 53 della
legge  n. 388  del  2000  -  che regola una materia, "l'ordinamento e
organizzazione  amministrativa  degli enti locali", che, per i motivi
esposti   sub  4.1,  rientra  senz'altro  tra  quelle  affidate  alla
legislazione  esclusiva della Regione. Di talche', se deve ammettersi
che  la  disposizione  modificata,  nel testo originario, mantiene la
propria   efficacia  nell'ordinamento  fino  al  momento  in  cui  il
legislatore  regionale esercitera' la propria competenza legislativa,
e' da escludersi che, nel nuovo sistema di competenze costituzionali,
al  legislatore  statale  sia tuttora consentito di intervenire nella
predetta  materia,  sia  pure attraverso parziali modificazioni della
disciplina previgente.
    4.5  -  Il  comma 5 dell'art. 29 attribuisce allo Stato un potere
regolamentare   per   la  definizione  della  "tipologia  di  servizi
trasferibili,  modalita'  di  affidamento,  criteri di esecuzione del
servizio  [...]"  che,  in  quanto  possa essere esercitato anche con
riferimento  ad amministrazioni diverse da quelle statali - dunque in
materia  certamente  appartenente  alla  competenza legislativa delle
regioni  - si pone in radicale contrasto con l'art. 117, sesto comma,
Cost.
    5.  -  Illegittimita'  dell'art. 30,  legge  n. 448 del 2001, per
lesione  della  sfera  di competenza regionale particolarmente per la
violazione degli artt. 117, terzo e quarto comma, nonche' 118 Cost.
    L'art. 30   e'   costituzionalmente   illegittimo   perche',   in
violazione  dell'art. 117,  quarto comma, Cost., disciplina un ambito
materiale attribuito alla legislazione residuale delle regioni.
    5.1  - Occorre, infatti, distinguere tra la disciplina protettiva
dei  lavoratori,  che  attiene  alle  condizioni  di  lavoro  ed alla
sicurezza   sul   posto   di   lavoro,  e  la  disciplina  di  natura
promozionale, volta a favorire una crescita del mercato del lavoro ed
in particolare l'incontro tra domanda ed offerta.
    E'  proprio  nell'ambito  di  questo secondo nucleo normativo che
deve  intendersi collocata la disposizione impugnata, dal momento che
essa interviene sulla disciplina vigente in ordine alla "promozione e
gestione  di  azioni  nel  campo  delle politiche attive del lavoro e
dell'assistenza tecnica ai servizi per l'impiego".
    5.2  - Anche qualora si riconoscesse che la disposizione in esame
possa,  in  qualche  modo,  essere  ricondotta ad un ambito materiale
riferibile   alla   "tutela   e  sicurezza  del  lavoro"  contemplata
dall'art. 117,  terzo  comma, Cost., la norma impugnata e' senz'altro
lesiva della sfera di competenza riconosciuta alla regione.
    In   una  materia  attribuita  alla  competenza  concorrente  del
legislatore  statale  e  regionale,  ai  sensi dello stesso art. 117,
terzo   comma,  lo  Stato  puo'  infatti  intervenire  solo  per  "la
determinazione   dei   principi   fondamentali".  E,  quand'anche  si
ritenesse   ammissibile  l'introduzione  di  una  disciplina  statale
contenente  norme  di  dettaglio  o  direttamente  operative,  queste
dovrebbero  certamente risultare derogabili dal legislatore regionale
competente nella materia.
    Nel  caso di specie cio' non si verifica, poiche' l'art. 30 della
legge  n. 448  del  2001,  lungi  dall'introdurre  una  normazione  a
carattere  sostanziale  in  materia  di lavoro che risulti "cedevole"
rispetto alle successive scelte del legislatore regionale, provvede a
stabilire  una particolare modalita' di organizzazione e di esercizio
di funzioni amministrative attribuite al Ministero del lavoro e delle
politiche  sociali,  che,  come  tale,  si  sottrae  alla  competenza
legislativa  che  l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  riconosce  alla
regione.
    5.3 - Peraltro,  il contrasto della disposizione impugnata con il
nuovo  sistema  di competenze introdotto dalla riforma costituzionale
di  cui alla legge della Costituzione n. 3 del 2001 e' evidente anche
nell'ipotesi in cui si ammetta che lo Stato possa ritenersi abilitato
a  riservarsi  funzioni  amministrative  che  richiedano  l'esercizio
unitario  a  livello centrale, contestualmente dettandone la relativa
disciplina,  anche  in  materie  che  l'art. 117  della  Costituzione
attribuirebbe  formalmente  alla  potesta'  normativa regionale. Tale
ipotesi potrebbe trovare fondamento nel sistema complessivo delineato
dagli  artt. 118,  primo  comma  e 117, undicesimo comma, lettera g),
nonche' dal principio generale ricavabile dall'art. 117, sesto comma,
ult.  alinea,  secondo  cui  ad  ogni  ente  territoriale che risulti
titolare  di funzioni amministrative non puo' non essere riconosciuta
una  potesta'  regolamentare  rivolta  specificamente  a disciplinare
l'organizzazione e lo svolgimento di tali funzioni.
    Nel caso di specie, non si puo' negare che lo Stato, con la norma
in  esame,  disciplini  una  particolare  modalita'  di  esercizio di
funzioni  amministrative  che  ad  esso  gia' spettavano in base alla
legislazione  vigente  anteriormente  all'entrata in vigore dei nuovi
artt. 117  e  118  della  Costituzione E non si nega, d'altronde, che
alla  Regione  sia  impedita  in  questa  sede la contestazione della
legittimita' costituzionale della disciplina legislativa previgente.
    Tuttavia,   a   meno  di  non  ammettere  che  il  nuovo  sistema
costituzionale delle competenze risulti ad oggi del tutto irrilevante
e  che  dunque  lo  Stato  possa liberamente disciplinare le funzioni
amministrative   che  gli  erano  riconosciute  prima  della  riforma
costituzionale,  senza  attenersi  ai  nuovi  principi  imposti dagli
artt. 117 e 118 Cost., occorre ritenere che, dopo l'entrata in vigore
della   legge  della  Costituzione  n. 3  del  2001,  lo  Stato  puo'
legittimamente dettare norme per l'organizzazione e lo svolgimento di
una  finzione  amministrativa  solo, nell'ambito di un intervento che
contempli  la complessiva riallocazione delle funzioni amministrative
relative   ad   un   determinato   ambito   materiale,   distinguendo
rigorosamente  le  funzioni  da  riservare  al  livello  centrale  in
attuazione  e  nel  rispetto dei parametri di cui all'art. 118, primo
comma,  e  solo  per  tali funzioni provvedendo a dettare la relativa
disciplina.
    Pertanto,  in  assenza di una simile operazione complessiva - che
peraltro e' da ritenere costituzionalmente imposta in forza dell'VIII
disposizione  finale,  secondo  comma,  della  Costituzione - si deve
escludere  che  lo Stato possa legittimamente procedere ad interventi
di semplice integrazione parziale della disciplina previgente, la cui
conformita'  a Costituzione deve essere oggi valutata alla luce delle
nuove disposizioni degli artt. 117 e 118 Cost.
    6.  -  Illegittimita  dell'art. 33,  legge  n. 448  del 2001, per
lesione  della  sfera di competenza regionale particolarmente, per la
violazione degli artt. 117, commi terzo e sesto. nonche' 118 Cost.
    L'art. 33   e'   costituzionalmente  illegittimo  per  violazione
dell'art. 117,  commi  terzo  e  sesto,  Cost.,  per  la parte in cui
disciplina  con  norme  di  dettaglio  e  immediatamente operative, e
comunque non derogabili da parte del legislatore regionale (in quanto
attributive  di una competenza al Ministero per i beni e le attivita'
culturali),  una materia - la valorizzazione dei beni culturali - che
rientra   tra  quelle  elencate  nell'art. 117,  terzo  comma,  della
Costituzione  e  affidate  alla  legislazione concorrente dello Stato
(per  i  soli  principi fondamentali) e delle Regioni, nonche' per la
parte   in  cui  attribuisce  al  Ministro  un  potere  regolamentare
chiaramente  escluso  dall'art. 117,  sesto  comma, in base al quale,
nelle,   materie   di  legislazione  concorrente  e  di  legislazione
residuale   regionale,   la  potesta'  regolamentare  spetta  in  via
esclusiva alle regioni.
    6.1 - Nessun dubbio puo' sussistere sul fatto che l'art. 33 della
legge  n. 448  del  2001  abbia ad oggetto la valorizzazione dei beni
culturali.
    E'  pur  vero  che essa si riferisce propriamente ad attivita' di
"gestione" ma e' anche vero che la "gestione", secondo la definizione
normativa  che  ne fornisce l'art. 148, comma 1, lett. d), del d.lgs.
n. 112  del  1998,  consiste  in:  "Ogni  attivita' diretta, mediante
l'organizzazione  di  risorse  umane  e  materiali,  ad assicurare la
fruizione   dei   beni   culturali  [e  ambientali],  concorrendo  al
perseguimento delle finalita' di tutela e di valorizzazione".
    Dunque,    la    "gestione"    dei   beni   culturali   partecipa
contestualmente   di  entrambi  i  profili  della  "tutela"  e  della
"valorizzazione",   risultando   in  concreto  riferibile  all'una  o
all'altra  secondo  la specifica finalita' che, di volta in volta, si
trovi a perseguire.
    Non  e'  dubitabile che, nel caso di specie, la "gestione" di cui
trattasi  e'  riferita  esclusivamente  alle  finalita' relative alla
"valorizzazione",  non  solo  per l'inequivoco tenore letterale della
norma   ma  anche  per  il  riferimento  esplicito  alle  definizioni
contenute nell'art. 152, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998 che, per
l'appunto,  si rivolge alla sola "valorizzazione" dei beni culturali.
Da  questo  punto  di  vista,  nessuna rilevanza possono assumere gli
equivoci  richiami contenuti nella disposizione impugnata, laddove il
legislatore   si   occupa   di  definire  l'oggetto  del  regolamento
ministeriale,  indicando  esplicitamente anche profili concernenti la
tutela.
    Pertanto  l'art. 33  della  legge  n. 448  del 2001 determina una
palese  lesione  della  sfera  di  competenza  regionale,  cosi' come
definita dall'art. 117, terzo e sesto comma, Cost.
    6.2 - Analogamente a quanto si e' gia' evidenziato al punto 5.3.,
il  contrasto  della  disposizione  impugnata con il nuovo sistema di
competenze  introdotto dalla riforma costituzionale di cui alla legge
costituzionale n. 3 del 2001 e' evidente anche nell'ipotesi in cui si
ammetta  che lo Stato possa ritenersi abilitato a riservarsi funzioni
amministrative   che   richiedano   l'esercizio  unitario  a  livello
centrale, contestualmente dettandone la relativa disciplina, anche in
materie  che  l'art. 117 della Costituzione attribuirebbe formalmente
alla  potesta'  normativa  regionale.  Tale  ipotesi potrebbe trovare
fondamento  nel  sistema complessivo delineato dagli artt. 118, primo
comma  e 117, secondo comma, lett. g), nonche' dal principio generale
ricavabile  dall'art. 117,  sesto  comma, ult. alinea, secondo cui ad
ogni   ente   territoriale   che   risulti   titolare   di   funzioni
amministrative   non   puo'  non  essere  riconosciuta  una  potesta'
regolamentare  rivolta specificamente a disciplinare l'organizzazione
e lo svolgimento di tali funzioni.
    Nel caso di specie, non si puo' negare che lo Stato, con la norma
in  esame,  disciplini  una  particolare  modalita'  di  esercizio di
funzioni  amministrative  che  ad  esso  gia' spettavano in base alla
legislazione  vigente  anteriormente  all'entrata in vigore dei nuovi
artt. 117  e  118  della Costituzione. E non si nega, d'altronde, che
alla  regione  sia  impedita  in  questa  sede la contestazione della
legittimita' costituzionale della disciplina legislativa previgente.
    Tuttavia,   a   meno  di  non  ammettere  che  il  nuovo  sistema
costituzionale delle competenze risulti ad oggi del tutto irrilevante
e  che  dunque  lo  Stato  possa liberamente disciplinare le funzioni
amministrative   che  gli  erano  riconosciute  prima  della  riforma
costituzionale,  senza  attenersi  ai  nuovi  principi  imposti dagli
artt. 117 e 118 Cost., occorre ritenere che, dopo l'entrata in vigore
della   legge  della  Costituzione  n. 3  del  2001,  lo  Stato  puo'
legittimamente  dettare norme per l'organizazione e lo svolgimento di
una  funzione  amministrativa  solo  nell'ambito di un intervento che
contempli  la complessiva riallocazione delle funzioni amministrative
relative   ad   un   determinato   ambito   materiale,   distinguendo
rigorosamente  le  funzioni  da  riservare  al  livello  centrale  in
attuazione e nel rispetto dei parametri di cui all'art. 118, comma 1,
e   solo   per  tali  funzioni  provvedendo  a  dettare  la  relativa
disciplina.
    Pertanto,  come gia' sottolineato al punto 5.3, in assenza di una
simile  operazione  complessiva,  e'  da escludere che lo Stato possa
legittimamente  procedere  ad  interventi  di  semplice  integrazione
parziale   della   disciplina   previgente,   la  cui  conformita'  a
Costituzione   deve  essere  oggi  valutata  alla  luce  delle  nuove
disposizioni degli artt. 117 e 118 Cost.
    7.  -  Illegittimita'  dell'art.  41,  legge n. 448 del 2001, per
lesione  della  sfera di competenza regionale, particolarmente per la
violazione degli artt. 117, commi terzo, quarto e sesto, nonche' 119,
primo comma, Cost.
    7.1  -  La  disposizione impugnata, nella parte in cui prevede un
coordinamento  del  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze nella
regolazione  dell'accesso al mercato dei capitali da parte degli enti
territoriali,  incide direttamente su una materia, la finanza statale
e  regionale,  che  e'  sottratta  alla  competenza legislativa dello
Stato,  non  essendo ricompresa negli elenchi di cui al secondo ed al
terzo  comma  dell'art. 117  della  Costituzione.  Pertanto,  essa e'
lesiva della sfera di competenza legislativa residuale riconosciuta e
garantita alle regioni dal quarto comma dell'art. 117 Cost.
    Qualora,   invece,   si  volesse  ritenere  che  l'oggetto  della
disciplina   impugnata   possa   essere   ricondotto   alla   materia
"armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e coordinamento della finanza
pubblica  e  del  sistema  tributario",  affidata  alla  legislazione
concorrente   dal   secondo   comma  dell'art. 117,  la  disposizione
risulterebbe  comunque lesiva della competenza legislativa regionale,
in  quanto  va ben al di la' della semplice enucleazione di "principi
fondamentali",   cui   il  legislatore  regionale  deve  uniformarsi,
giacche'  contiene  norme  direttamente  operative e dalla stringente
portata prescrittiva.
    7.2  -  L'art. 41  si  pone,  inoltre,  in  palese  contrasto con
l'art. 117,  sesto  comma,  Cost.,  nella  parte  in cui affida ad un
regolamento  del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di
definire  "il  contenuto  e  le  modalita'  del coordinamento nonche'
dell'invio  dei  dati"  oltre  alla definizione delle norme "relative
all'ammortamento del debito e all'utilizzo degli strumenti derivati".
    Infatti,  anche  in  relazione all'oggetto di tale regolamento si
deve  osservare  che  esso  si  riferisce  a  materie  sottratte alla
competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato,  con la inevitabile
conseguenza   che   l'attribuzione   ad   esso  del  relativo  potere
regolarnentare   costituisce   lesione   della  sfera  di  competenza
riconosciuta alla Regione dal l'art. 117, sesto comma, Cost.
    8. - Illegittimita'  dell'art. 52,  comma  17,  legge  n. 448 del
2001, per lesione della sfera di competenza regionale particolarmente
per la violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost.
    La   disposizione   impugnata  lede  la  sfera  delle  competenze
costituzionalmente   riconosciute   alla  Regione  in  quanto  limita
l'ambito   materiale  di  applicabilita'  di  una  normativa  vigente
relativa  ad  una  materia,  quella del commercio, che, alla luce del
nuovo  testo  dell'art. 117  Cost.,  e'  attribuita  alla  competenza
legislativa  residuale  delle Regioni, almeno per tutti i profili non
relativi  alla  tutela  della  concorrenza  (art. 117, secondo comma,
lett. e) Cost.).
    Pertanto,  nella  materia  in  questione,  la  normativa  statale
previgente  resta  valida ed applicabile fino a quando le regioni non
detteranno una propria disciplina nell'esercizio della nuova potesta'
di  cui  all'art. 117, quarto comma della Costituzione. Tale materia,
pero',  essendo  transitata  nella competenza residuale delle regioni
non  puo'  piu' essere oggetto di interventi normativi da parte dello
Stato,   che   risulterebbero   del  tutto  privi  di  un  fondamento
costituzionale, non rientrando la materia in esame in nessuno dei due
elenchi contenuti nei commi secondo e terzo dell'art. 117 Cost.
    9.  -  Illegittimita' dell'art. 70, commi 1, 2, 3, 4, 6, 8, legge
n. 448  del  2001,  per  lesione  della sfera di competenza regionale
particolarmente per la violazione degli artt. 117, 118 e 119, Cost.
    9.1  -  Il  combinato  disposto dei commi 1, 3, 4 e 8, in base al
quale  e'  prevista  l'istituzione  di  un  fondo  per gli asili nido
nell'ambito  dello  stato  di  previsione  del Ministero del lavoro e
delle  politiche  sociali, con la relativa disciplina delle modalita'
di  ripartizione  e la determinazione della dotazione finanziaria, e'
in contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 Cost.
    La violazione dell'art. 117 della Costituzione e' evidente per il
fatto che la disciplina degli asili nido non puo' essere ricondotta a
nessuna delle materie elencate tanto nel comma 2, quanto nel comma 3.
Di  talche',  tale  oggetto  non  puo'  che  rientrare nella potesta'
legislativa  residuale  regionale  di  cui al comma 4, attinendo, con
ogni probabilita', alla materia dell'assistenza.
    La violazione dell'art. 118 della Costituzione e' determinata dal
fatto   che   l'attribuzione   a   livello  centrale  delle  funzioni
amministrative  di  cui  alla disposizione impugnata non trova alcuna
giustificazione  ne'  nelle  esigenze  di  "esercizio  unitario", ne'
tantomeno   nei   principi   di  sussidiarieta',  differenziazione  e
adeguatezzza  che  dovrebbero costituire il fondamento costituzionale
di ogni allocazione di funzioni amministrative.
    La  violazione  dell'art. 119  della  Costituzione  risulta dalla
circostanza  che questa disposizione costituzionale non ammette fondi
statali  o  risorse aggiuntive a destinazione vincolata, ad eccezione
di  quanto previsto dal comma 5 in relazione agli speciali interventi
a  favore  di  "determinati" comuni, province, citta' metropolitane e
regioni.  La norma impugnata, nel prevedere l'istituzione di un fondo
statale  a  destinazione  vincolata  a  favore  della  costruzione  e
gestione  degli  asili  nido,  nonche'  dei  micronidi  nei luoghi di
lavoro,  viola pertanto l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa
riconosciuta alla regione.
    9.2  -  Il comma 2 (che afferma genericamente che gli asili nido,
per  la  loro  funzione  essenziale,  "rientrano  tra  le  competenze
fondamentali  dello Stato, delle regioni e degli enti locali"), se ed
in  quanto  si  ritenga  produttivo  di un qualche effetto giuridico,
viola   senz'altro   il   sistema   delle   competenze   normative  e
amministrative di cui all'art. 117 e 118 Cost, per le ragioni esposte
al punto precedente.
    9.3  -  Il comma 6 viola gli artt. 117, secondo comma, lett. e) e
quarto,  nonche'  119,  primo e secondo comma, nella parte in cui non
esclude  che  la  deducibilita'  delle  spese  di partecipazione alla
gestione  dei  micro-nidi  e  dei  nidi nei luoghi di lavoro si possa
riferire a tributi diversi da quelli statali.
    Infatti,  l'applicazione di questa agevolazione fiscale, disposta
dal  legislatore  statale successivamente all'entrata in vigore della
legge  della Costituzione n. 3 del 2001, anche ai tributi regionali e
locali,   determina   inevitabilmente  una  lesione  della  sfera  di
competenza regionale, sia sotto il profilo dell'autonomia legislativa
in  materia  di  sistema  tributario  sia sotto quello dell'autonomia
finanziaria  di  entrata,  in  quanto  non riconducibile neppure alla
competenza  statale  in  materia  di "principi di coordinamento della
finanza  pubblica  e  del  sistema  tributario"  di cui all'art. 119,
secondo comma, Cost.
    10.  -  Illegittimita'  dell'art. 71,  legge n. 448 del 2001, per
lesione  della  sfera di competenza, regionale particolarmente per la
violazione dell'art. 117 Cost.
    L'art. 71   e'   viziato  di  illegittimita'  costituzionale  per
violazione  dell'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si riferisce
ad   una   materia,  il  "governo  del  territorio"  attribuita  alla
legislazione concorrente dello Stato e delle regioni.
    10.1  - La disposizione impugnata e' direttamente connessa con la
legge 5 febbraio 1992 n. 177 ("Norme riguardanti aree demaniali nelle
province  di Belluno, Como, Bergamo e Rovigo, per il trasferimento al
patrimonio  disponibile  e  successiva  cessione  a  privati") che ha
dettato   una   specifica   e   minuziosa   disciplina   relativa  al
trasferimento  delle  "aree  demaniali ricadenti nel territorio delle
province  di  Belluno,  nonche'  dei comuni di Solico in provincia di
Como,  di  Seriate  in  provincia  di  Bergamo  e  di  Guarda Veneta,
Polesella  e  Papozze  in  provincia  di  Rovigo,  su cui siano state
eseguite   in   epoca   anteriore   al  31  dicembre  1983  opere  di
urbanizzazione  da  parte  di  enti o privati cittadini, a seguito di
regolare  concessione  o  anche in assenza di titolo alcuno, e quelle
ancorche' non edificate, ma comunque in possesso pacco di privati" al
patrimonio  disponibile di ciascun comune interessato, in vista della
successiva cessione di tali beni ai "privati possessori" delle stesse
aree (cfr. art. 1 e 2 della legge n. 177 del 1992).
    L'art. 6 della legge n. 177 del 1992 precisa, in particolare, che
l'acquisto   delle   aree   "ha  valore  di  sanatoria  agli  effetti
urbanistici  e  fa  venir  meno  le  pretese  dello  Stato per canoni
pregressi  ed  in genere per compensi richiesti a qualsiasi titolo in
dipendenza dell'occupazione delle aree".
    L'art.  117  della Costituzione - cosi' come innovato dalla legge
costituzionale  18  ottobre 2001, n. 3 - attribuisce, in particolare,
alla  "legislazione concorrente" delle Regioni la materia relativa al
"governo  del territorio". L'art. 117 della Costituzione conferma che
nelle  "materie  di  legislazione  concorrente spetta alle regioni la
potesta'  legislativa,  salvo  che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato".
    E'  quindi  evidente  che  l'art. 71 della legge n. 448 del 2001,
nella parte in cui prevede un possibile passaggio di beni del demanio
statale al patrimonio disponibile dei comuni, con valore di sanatoria
agli  effetti  urbanistici  degli  abusi  commessi,  contrasta con le
competenze  regionali  costituzionalmente  garantite  in  materia  di
governo del territorio
    L'art. 71  della  legge  n. 448  del  2001  estende  difatti  una
disciplina di estremo dettaglio - originariamente limitata ad alcune,
specifiche  aree  demaniali  site  nelle  province  di Belluno, Como,
Bergamo  e  Rovigo  -  a  tutte  le ipotesi di trasferimento di "aree
demaniali   ricadenti   nel   territorio   nazionale   non  destinate
all'esercizio  della  funzione pubblica e su cui siano state eseguite
opere  di  urbanizzazione  e  ricostruzione  in epoca anteriore al 31
dicembre  1990".  La sanatoria - di carattere limitato e settoriale -
prevista  dalla  legge  n. 177  del  1992 acquista, per effetto della
disposizione   dettata   dall'art. 71   cit.,  il  significato  e  le
dimensioni  di  una  sanatoria  generalizzata, destinata ad esplicare
effetto sul territorio di ciascuna singola regione.
    La  norma viola dunque la potesta' legislativa costituzionalmente
attribuita  alle  regioni  dall'art. 117 della Costituzione ed incide
illegittimamente   sull'esercizio  di  competenze  costituzionalmente
garantite alle regioni.
    La  potesta'  legislativa  regionale  in  materia di "governo del
territorio"  e'  difatti caratterizzata da una sfera di autonomia che
non  puo'  essere eliminata o indebitamente compressa dal legislatore
nazionale.
    Il  legislatore  nazionale  puo'  soltanto  stabilire i "principi
fondamentali" della materia. Ma - come gia' affermato da questa Corte
-  i  "principi fondamentali" devono "riguardare in ogni caso il modo
di  esercizio  della  potesta' legislativa regionale e non comportare
l'inclusione  o  l'esclusione  di  singoli  settori  dalla  materia o
dall'ambito  di  essa".  Piu'  precisamente,  si  devono  ritenere  e
qualificare  "principi  fondamentali"  -  anche  con riferimento alla
nuova  formulazione dell'art. 117 della Costituzione - "solo i nuclei
essenziali  del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono
per  i  principi  enunciati o da esse desumibili" (Corte cost., sent.
n. 482 del 1995).
    La legge statale impugnata sacrifica quindi, in maniera del tutto
illegittima  ed  incoerente,  quel  contenuto  minimo  dell'autonomia
legislativa  regionale  che il legislatore statale non puo' viceversa
comprimere  o  eliminare,  nelle  materie  attribuite alla competenza
legislativa  concorrente  delle  Regioni. Piu' precisamente, e' certo
che  i  principi  fondamentali stabiliti dalle leggi-quadro nazionali
debbano  avere  un  "livello  di  maggior  astrattezza" rispetto alle
regole positivamente stabilite dal legislatore regionale (sent. n. 65
del 2001).
    Nel  caso  di specie, viceversa, l'art. 71 della legge n. 448 del
2001 detta, per quanto riguarda il trasferimento delle aree demaniali
ai  comuni  prima,  ed  ai  privati  poi,  nonche' per la conseguente
sanatoria,  una  disciplina di assoluto dettaglio che sostanzialmente
espropria la regione della propria competenza legislativa in materia.
    11.  -  Illegittimita'  dell'art. 60,  comma  1,  lett. d), legge
n. 448  del  2001,  per  lesione  della sfera di competenza regionale
particolarmente, per la violazione degli artt. 117 e 118, Cost.
    L'art. 60,  comma  1, lett. d), e' costituzionalmente illegittimo
per  violazione  degli artt. 117 e 118 della Costituzione, cosi' come
ridisegnati  dalla  legge  della  Costituzione  n. 3  del  2001 sotto
diversi profili.
    11.1  -  Anzitutto,  la  disposizione impugnata viola l'art. 117,
quarto    comma,    Cost.,   in   quanto,   stabilendo   che   spetti
all'amministrazione  centrale  (in  particolare,  al  Ministro  delle
politiche   agricole   e   forestali)  individuare  le  tipologie  di
investimenti  che  possono essere ammesse al finanziamento attraverso
gli   aiuti   comunitari  di  cui  al  regolamento  CE  n. 1257/1999,
interviene  in  un  ambito materiale, quello dell'agricoltura, che il
nuovo art. 117 affida alla legislazione residuale delle regioni.
    11.2    -    Occorre,    inoltre,    soffermarsi   sulla   natura
dell'attribuzione  conferita  dalla  norma in discussione al Ministro
delle   politiche   agricole   e   forestali.   E'  evidente  che  la
determinazione   delle  tipologie  di  investimento  per  le  imprese
agricole    e    per    quelle    della    prima   trasformazione   e
commercializzazione  ammesse agli aiuti di Stato, in quanto esercizio
di un'attivita' di regolamentazione a carattere generale ed astratto,
si  risolve nella manifestazione di un potere regolamentare, anche se
la  disposizione  impugnata  non prescrive, in modo esplicito, che il
decreto  del  Ministro  assuma  la  forma  e segua il procedimento di
formazione dei regolamenti. Cio' conduce a censurare l'art. 60, comma
1,  lett. d), anche per contrasto con l'art. 117, sesto comma, Cost.,
che espressamente esclude la potesta' regolamentare dello Stato nelle
materie  attribuite alla legislazione concorrente o alla legislazione
residuale delle regioni.
    11.3   -  Infine,  anche  qualora  si  volesse  ritenere  che  la
disposizione  impugnata  prevede  l'attribuzione  al  Ministro di una
funzione propriamente amministrativa e non di una funzione normativa,
si  dovrebbe  concludere parimenti per la sua incostituzionalita' per
violazione dell'articolo 118 Cost.
    Tale  contrasto  e' reso evidente dal fatto che l'attribuzione di
cui  all'art. 60,  comma 1, lett. d) non trova alcuna giustificazione
ne'  nelle  esigenze  di  "esercizio  unitario",  ne'  tantomeno  nei
principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  e  adeguatezzza  che
dovrebbero   costituire   il   fondamento   costituzionale   di  ogni
allocazione di funzioni amministrative, soprattutto in considerazione
del  fatto  che  le  istanze unitarie sono ampiamente soddisfatte, in
materia   di   agricoltura,   dalla   copiosa   produzione  normativa
comunitaria  -  cui, peraltro, la stessa norma impugnata fa esplicito
richiamo  -  che  le  regioni  sono  oggi abilitate ad attuare in via
diretta in forza dell'art. 117, quinto comma, Cost.
    12.  -  Illegittimita'  dell'art. 64,  legge n. 448 del 2001, per
lesione  della  sfera  di competenza regionale particolarmente per la
violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost.
    Anche  questa  norma modifica ed integra la disciplina previgente
relativamente ad un ambito materiale, quello dell'agricoltura, che il
nuovo  ripano  di  competenze  previsto  in  Costituzione affida alla
legislazione residuale delle regioni.
    Anche  in  questo  caso  occorre  ribadire  che, nella materia in
questione,   la   normativa   statale   previgente  resta  valida  ed
applicabile  fino  a  quando  le  regioni  non detteranno una propria
disciplina  nell'esercizio  della nuova potesta' di cui all'art. 117,
quarto comma, Cost. Nel frattempo, pero', un intervento statale, come
quello  che  qui si censura, risulta del tutto privo di un fondamento
costituzionale, giacche' l'agricoltura non rientra in nessuno dei due
elenchi contenuti nei commi secondo e terzo dell'art. 117 Cost.
    12.1  -  Che  l'ambito  materiale  in cui interviene la norma sia
correttamente   individuato  nell'agricoltura  e',  poi,  ancor  piu'
evidente  se  si tiene presente l'oggetto della disciplina impugnata.
La  norma,  infatti,  regola  il  regime  sanzionatorio  dei  vigneti
impiantati  abusivamente  e  come  "numerose  volte  affermato  nella
giurisprudenza di questa Corte [...], la competenza sanzionatrice non
attiene  a  una  materia  a  se',  ma accede alle materie sostanziali
rispetto  alle  quali  svolge una funzione rafforzatrice dei precetti
stabiliti dal legislatore" (Corte cost. sent. n. 28 del 1996).
    13  -  Illegittimita'  dell'art. 66,  legge  n. 448 del 2001, per
lesione  della  sfera  di competenza regionale particolarmente per la
violazione degli artt. 117, quarto comma e 118 Cost.
    La norma, ponendo prescrizioni volte a fronteggiare emergenze nel
settore zootecnico, costituisce intervento del legislatore statale in
un ambito materiale chiaramente affidato alla legislazione regionale,
senza  che  sia  possibile  alcuna  riconduzione  dell'oggetto  della
disciplina  alle competenze legislative che la Costituzione riconosce
allo Stato.
    13.1  -  Occorre  inoltre osservare che la disposizione impugnata
prevede    l'esecizio    di   funzioni   amministrative,   quali   la
predisposizione   di  interventi  per  la  protezione  dall'influenza
catarrale  dei  ruminanti  e  la  gestione  di un apposito fondo "per
l'emergenza  blue tongue", che non si conciliano affatto col disposto
dell'art. 118, comma 1, della Costituzione.
    Anche  in questo caso, la violazione di tale norma e' determinata
dal  fatto  che  l'attribuzione  a  livello  centrale  delle funzioni
amministrative  di  cui  alla disposizione impugnata non trova alcuna
giustificazione  ne'  nelle  esigenze  di  "esercizio  unitario", ne'
tantomeno   nei   principi   di  sussidiarieta',  differenziazione  e
adeguatezzza  che  dovrebbero costituire il fondamento costituzionale
di ogni allocazione di funzioni amministrative.
    13.2 - Peraltro, la violazione dell'art. 118, primo comma, Cost.,
ricorre   anche  qualora  si  volesse  ritenere  che,  attraverso  la
disposizione  in  esame,  lo  Stato  abbia inteso introdurre semplici
modifiche   alla   disciplina   di   funzioni   amministrative   gia'
riconosciute    all'amministrazione   centrale   dalla   legislazione
previgente  che,  come  tale, non e' suscettibile, in questa sede, di
censure di incostituzionlita' da parte della regione ricorrente.
    Si e' gia' rilevato, infatti, che il nuovo sistema costituzionale
delle competenze non puo' non vincolare ogni intervento normativo che
vada   ad   incidere   sull'assetto  delle  funzioni  amministrative,
impedendo  che  lo  Stato  possa liberamente disciplinare le funzioni
amministrative   che  gli  erano  riconosciute  prima  della  riforma
costituzionale, senza attenersi ai nuovi principi imposti dagli artt.
117  e  118  Cost.;  di  talche'  e'  inevitabile  ritenere che, dopo
l'entrata  in vigore della legge della Costituzione n. 3 del 2001, lo
Stato  puo'  legittimamente  dettare  norme  per l'organizazione e lo
svolgimento  di  una  funzione  amministrativa solo nell'ambito di un
intervento  che contempli la complessiva riallocazione delle funzioni
amministrative   relative   ad   un   determinato  ambito  materiale,
distinguendo  rigorosamente  le  funzioni  da  riservare  al  livello
centrale   in   attuazione  e  nel  rispetto  dei  parametri  di  cui
all'art. 118, primo comma Cost., e solo per tali funzioni provvedendo
a dettare la relativa disciplina.
    Pertanto,  anche  con  riferimento all'art. 66 della legge n. 448
del 2001, si deve concludere che, in assenza di una simile operazione
complessiva,  e'  da  escludere  che  lo  Stato  possa legittimamente
procedere  ad  interventi  di  semplice  integrazione  parziale della
disciplina  previgente, la cui conformita' a Costituzione deve essere
oggi  valutata  alla  luce delle nuove disposizioni degli artt. 117 e
118 Cost.
    14.  -  Illegittimita' dell'art. 67, commi 1, 2 e 3, legge n. 448
del   2001,   per   lesione,  della  sfera  di  competenza  regionale
particolarmente per la violazione degli artt. 117, quarto comma e 118
Cost.
    14.1  -  La  disposizione  impugnata  detta  norme relative ad un
ambito  materiale,  quello  dell'agricoltura, che il nuovo riparto di
competenze,   cosi'   come  scaturito  dalla  riforma  costituzionale
intervenuta  con  1egge della Costituzione n. 3 del 2001, affida alla
legislazione residuale delle regioni.
    14.2  -  Inoltre,  i commi 1 e 2 della disposizione impugnata, in
quanto disciplinano - prevedendone il finanziamento e le modalita' di
esercizio  un'attivita'  di  programmazione  negoziata che fa capo ad
amministrazioni  dello  Stato, violano anche il modello di riparto di
funzioni amministrative previsto dall'art. 118 Cost.
    Tale  violazione  e'  determinata dal fatto che l'attribuzione al
livello  centrale  delle  suddette  funzioni programmatorie non trova
alcuna  giustificazione  ne'  nelle esigenze di "esercizio unitario",
ne'  tantomeno  nei  principi  di  sussidiarieta', differenziazione e
adeguatezzza  a  cui  si  deve informare ogni allocazione di funzioni
amministrative.
    14.3 - Analoga censura deve essere mossa al comma 3 dell'art. 67,
che  integra  la  disciplina  previgente,  anch'essa  attributiva  di
competenze programmatorie statali.
    Per quanto gia' piu' volte si e' avuto modo di rilevare, non v'e'
dubbio  che  tale disciplina possa essere considerata tutt'ora valida
ed  applicabile  ma  certamente, essa non puo' piu' essere oggetto di
interventi normativi parziali da parte dello Stato, se non nel quadro
di   una   complessiva   opera   di   riallocazione   delle  funzioni
amministrative   precedentemente   riconosciute   all'amministrazione
statale,  in  conformita' con il nuovo modello disegnato dai principi
di cui all'art. 118 Cost.
    15  - Illegittimita' dell'art. 52, commi 10, 39, 83, legge n. 448
del   2001,   per   lesione  della  sfera  di  competenza  regionale,
particolarmente per la violazione degli artt. 117 e 118, Cost.
      L'art. 52,  commi 10, 39, 83, e' costituzionalmente illegittimo
per  violazione  degli artt. 117 e 118 Cost., in quanto interviene in
ambiti   materiali,   quelli   dell'allevamento,  dell'agricoltura  e
dell'assistenza,   che   fuoriescono   dalla   sfera   di  competenza
legislativa ed amministrativa dello Stato.
    15.1  -  In  particolare,  l'art. 52,  comma 10, nel prevedere la
potesta'  del  Ministro  delle  politiche  agricole  e  forestali  di
sottoporre  il  versamento  del  prelievo  per  le  quote  latte alla
disiplina  prevista  dai  commi  15  e  16  del  d.l. n. 43 del 1999,
convertito  nella  legge  n. 118  del  1999, qualora nella produzione
lattiera si verifichino eventi di particolare gravita', contrasta con
quanto  stabilito  dall'art. 118,  primo comma, Cost., in ordine alla
ripartizione delle funzioni amministrative.
    Il vizio censurato e' determinato dal fatto che l'attribuzione di
cui all'art. 52, comma 10, non trova alcuna giustificazione ne' nelle
esigenze  di  "esercizio  unitario",  ne'  tantomeno  nei principi di
sussidiarieta',   differenziazione   e  adeguatezzza  che  dovrebbero
costituire  il  fondamento  costituzionale  di  ogni  allocazione  di
funzioni amministrative.
    15.2  -  Anche  il  comma  39  dell'art. 52  e' censurabile sotto
ulteriori profili.
    15.2.1  -  Occorre  osservare,  anzitutto,  che  la  disposizione
impugnata,  nella  parte  in  cui  prevede  incentivazioni  a  favore
dell'ippoterapia,  risulterebbe  in  contrasto  con il nuovo art. 117
Cost.,  anche  qualora  la si volesse ricondurre all'ambito materiale
della  "tutela  della  salute"  previsto  esplicitamente come materia
affidata alla legislazione concorrente.
    Lo  Stato,  infatti,  nelle  materie  devolute  alla legislazione
concorrente   deve   limitarsi   alla   determinazione  dei  principi
fondamentali   o,   tutt'al  piu',  eventualmente,  a  dettare  norme
immediatamente   operative   caratterizzate,   peraltro,  dalla  loro
"cedevolezza" nei confronti della successiva normazione regionale.
    Nel caso di specie, e' evidente che il legislatore statale non ha
rispettato  i  limiti impostigli dalla Costituzione. La previsione di
un  finanziamento per la promozione dell'ippoterapia, infatti, non e'
ne'  disposizione  di principio, ne' disciplina normativa a carattere
suppletivo, come tale derogabile dal legislatore regionale.
    Tantomeno  la  disposizione  in  esame  puo' essere ricondotta al
disposto  dell'art. 117,  secondo comma, lettera m), Cost., in quanto
non  sussiste alcuna determinazione di un livello essenziale relativo
alla  prestazione  sanitaria  che  contempla l'utilizzo dei cavalli a
scopo terapeutico.
    15.2.2.  -  Inoltre, la disposizione impugnata e' censurabile per
violazione  dell'art. 117,  sesto  comma,  Cost., per la parte in cui
affida  ad  un  decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la
disciplina necessaria per la sua attuazione.
    E'  evidente  che il decreto ministeriale, in quanto esercizio di
un'attivita'  di  regolazione  a  carattere  generale ed astratto, si
risolve   nella  manifestazione  di  un  potere  regolamentare.  Cio'
determina  la  censura appena denunciata, poiche' il nuovo assetto di
competenze  previsto  nel  Titolo  V,  Parte  II,  della Costituzione
esclude   la   potesta'   regolamentare  dello  Stato  nelle  materie
attribuite   alla   legislazione   concorrente  o  alla  legislazione
residuale delle regioni.
    15.2.3  -  Infine,  anche  qualora  si  volesse  ritenere  che la
disposizione    impugnata    prevede   l'attribuzione   al   Ministro
dell'economia  e  delle  finanze  di  una  funzione  amministrativa a
carattere  non regolamentare, si dovrebbe concludere parimenti per la
sua  incostituzionalita'  per  violazione  dell'articolo  118,  primo
comma, Cost.
    Il vizio censurato e' determinato dal fatto che l'attribuzione di
cui all'art. 52, comma 39, non trova alcuna giustificazione ne' nelle
esigenze  di  "esercizio  unitario",  ne'  tantomeno  nei principi di
sussidiarieta',   differenziazione   e  adeguatezzza  che  dovrebbero
costituire  il  fondamento  costituzionale  di  ogni  allocazione  di
funzioni amministrative.
    15.3  -  Il  comma  83  dell'art.  52  e' altresi censurabile per
violazione  dell'art. 117, sesto comma, Cost., nonche' per violazione
dell'art. 118, primo comma, Cost.
    15.3.1  - Sotto il primo profilo, la disposizione, nella parte in
cui  attribuisce  al Ministro delle politiche agricole e forestali il
potere  di  emanare  un  decreto  per  la  disciplina delle modalita'
operative  e gestionali del fondo di cui all'art. 127, secondo comma,
della  legge n. 388 del 2000, costituisce l'indebita previsione di un
potere  regolamentare  statale  che,  nelle  materie  di legislazione
concorrente o residuale delle regioni, e' radicalmente escluso.
    15.3.2  -  Sotto  il  secondo  profilo, la disposizione in esame,
prevedendo  che  il  Ministero  delle  politiche agricole e forestali
determini  annualmente  la quota di stanziamento per la copertura dei
rischi   agricoli   da   destinare   alle   azioni  di  mutualita'  e
solidarieta', si risolve nell'attribuzione di funzioni amministrative
all'amministrazione  statale senza che ricorra alcuna giustificazione
ne'  nelle  esigenze  di  "esercizio  unitario",  ne'  tantomeno  nei
principi  di  sussidiarieta',  differenziazione  e  adeguatezzza che,
secondo  quanto  stabilito  dall'art. 118, primo comma, Cost., devono
costituire  il  fondamento  costituzionale  di  ogni  allocazione  di
funzioni amministrative.